Riceviamo e Pubblichiamo
Mi è occorsa qualche ora prima di esprimere lucidamente, nero su bianco, la gioia, la commozione e la gratitudine al Comune di Catanzaro, per la decisione d’intitolare l’Archivio Storico cittadino alla Professoressa Emilia Zinzi. Ho appreso la notizia da Antonio Giglio, attuale consigliere comunale Sel, “speranza vera, lui, d’un oggi che auspico duri a lungo”, il quale, sapendo del ruolo assunto nella mia adolescenza dall’illustre studiosa, non ha esitato a trasmettermi copia dell’istanza e quindi dell’atto di decreto, con cui si sancisce, sia pur tardivamente (il prossimo 9 settembre ricorrerà il decimo anniversario della morte!), sì doverosa scelta. Per tutto ciò la mia riconoscenza, da cittadino, a Mario Saccà e Mario Parentela, che, consci dell’impegno profuso dalla docente, in oltre cinquant’anni di lavoro, alla ricerca, salvaguardia e valorizzazione della città e del Meridione tutto, hanno caldeggiato l’importanza di attribuirne il nome al nostro Archivio, “una struttura – ribadiscono nell’istanza – importante e prestigiosa della città che più d’ogni altra s’identifica con l’attività della Professoressa”. Lecita è facile spiegarsi oggi la mia felice meraviglia, considerati i decenni d’indifferenza riservati all’attività della studiosa, che, nonostante i qualificati contributi apportati al recupero dell’identità cittadina e regionale, apparsi peraltro in circa 160 voci bibliografiche, rimase di fatto – dalle amministrazioni comunali, provinciali e regionali di volta in volta ai vertici – voce quasi sempre inascoltata. Ciò dovuto, con larga probabilità, a sensibilità diverse o, forse, a carenze formative inibenti l’intendimento di determinati discorsi! Penso a Lei, alle delusioni per quelle attività previste per questa città e quivi mai realizzate. E non ci si può spiegare come una professionista del suo calibro (altrove pluripremiata ed oltreoceano inserita in un volume dal titolo “Great Minds of the 21st Century” edito dall’American Biographical Institute nel 2002), al suo tempo innovativa nei metodi d’insegnamento e di ricerca, non abbia avuto sino ad ora (fatta eccezione per il premio a suo nome istituito dalla Camera di Commercio locale – ed organizzato in tandem con la sez. Fidapa) un simile riconoscimento da Catanzaro. Con lei giovani studiosi hanno potuto sviluppare, nella pratica, gli aspetti caratterizzanti le singole specializzazioni di studio, perché convinta in prima persona che la storia si ricostruisce conseguentemente a rigorose analisi di fonti archivistiche, bibliografiche, iconografiche e non solo. Continui erano infatti i sopralluoghi nei siti oggetti di studio, per l’analisi delle tessiture murarie, degli ipogei, della terra: il tutto si rendeva imprescindibile ad una attendibile riconsegna di quelle campiture identitarie di cui la Calabria molto spesso mancava! Penso al suo essere stata quì un’antesignana del femminismo! Rifletto sulla sua forza di donna tenace e garbatamente ribelle in anni in cui, contrariamente a quanto suggeriva la tradizione per le signorine dell’alto ceto sociale cui afferiva, “donna” equivaleva dire “angelo del focolare domestico”, votato esclusivamente al ruolo di moglie e di madre. Emilia Zinzi sceglieva altro! E in un flash-back nostalgico, vivo mi si ripropone il ricordo di quell’espressione volitiva e determinata, intenta a raccontare di quanto duro fosse stato convincere la famiglia al trasferimento a Roma per gli studi universitari. Scelta, come già detto, ritenuta del tutto inopportuna, per chi, in vista d’un importante matrimonio, forse si sarebbe dovuta dilettare tra gli smerli ed il ricamo del proprio corredo. E penso poi al racconto riguardo alle difficoltà affrontate dopo il superamento del concorso a cattedra per l’insegnamento della “Storia dell’arte” (nel 1956 viene indetto, per i soli licei classici, il primo concorso a cattedra per l’insegnamento della disciplina, e tra 500 concorrenti in Italia si qualifica al 2° posto), quando, da docente nel vecchio Galluppi, dovette imbattersi contro la radicata mentalità del tempo, secondo cui solo alcuni insegnamenti godevano di certa considerazione. Ella invece, nutrita d’una cultura che vedeva nel manufatto artistico, pur in quello poco acclarato, i segni della tensione umana, riuscì a conferire adeguata dignità all’insegnamento, schiudendo ai suoi ragazzi quel mondo di cultura visiva sino ad allora sconosciuto. E poi cos’altro aggiungere? di quando il Ministro Medici nel lontano 1957, chiamato in Calabria per una visita alle opere del Preti, segnate da avanzato stato di degrado, rimanendo compiaciuto del valore palesato dalla studiosa nel corso dell’illustrazioni, pensò bene di nominarla “Ispettore Onorario per i Beni e le Gallerie di Catanzaro”? Cosa rammentarvi invece di quando, avvedutasi della presenza sospetta di ruspe nell’area di Scolacium, impavida fermò i “lavori” segnalando, pioniera, lei stessa ai Soprintendenti allora in carica, la presenza d’un sito greco-romano? Tanto, troppo è stato fatto da questa “rara avis” che davvero non fu “profeta in patria”! E oggi non si fa chiacchiera di bassa lega, se si ricordano le vili aggressioni subite nel 1975, quando, mentre nel resto d’Italia s’avviava un discorso di valorizzazione e salvaguardia dei centri storici, a Catanzaro, per dirla con le Sue parole, <<un anacronistico progetto di “sventramento”, cancellerà con la demolizione del complesso Serravalle, segni e memorie dell’antico centro cittadino, ormai dilacerato. Cadranno, con le salde strutture cinque e sette-ottocentesche, le tempere nelle quali il fiorentino Federigo Andreotti, in un costruttivo dialogo col Serravalle committente, aveva dato corpo e immagine alle illusioni e ai sogni d’un Sud, che negli anni Settanta dell’Ottocento, si apriva alla vita nazionale unitaria>> ! Il mio buon senso m’imporrebbe ora di fermarmi quì, onde evitare ulteriori annopiamenti dalla lettura di queste righe, ma è bene venga rammentato qualcos’altro: pur negli ambienti universitari, ove i saperi sembrano “assicurati” così non fu sempre, ed anche a Reggio Calabria, sul finire degli anni Sessanta fondamentale fu l’attenzione alla “Storia dell’Arte”, con le docenze altamente qualificate di Giovanni Carandente ed Emilia Zinzi, ritenuti veri Maestri da chi seguì negli incarichi dagli stessi prima ricoperti! Al margine di tutto, atteso il valore di quest’intellettuale – che andandosene lascia sul suo tavolo di lavoro la stesura d’un saggio su Catanzaro -, per la quale ogni parola risulta inadeguata a rendere la giusta idea di cosa abbia rappresentato nel mondo degli studi e nella società, facile appare oggi comprendere la gioia di questa scelta, ed altrettanto semplicemente si spiega il moto di sdegno nel cogliere l’illustre nome a margine dell’impervia mulattiera diramantesi da viale dei Bizantini (sconnessa ed a tratti fangosa, lambita da un lato da un burrone e dall’altro da sterpaglie e pietrisco vario, ove, assenti per probabile inadeguatezza orografica del sito, sono i numeri civici!), a cui il minimo buon senso avrebbe evitato pure la più consona denominazione di “traversa prima gramigna fresca”!
Pierluigi Rotundo