Secondo diversi organi di informazione il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è pronto a continuare la strada delle riforme intrapresa sin dal giorno dell’insediamento del suo Governo. Tralasciando ogni considerazione sul significato e sulla portata del verbo “continuare”, la sola cosa che si può fare, almeno per il momento, è rendere noto quello che, polemiche a parte, resta l’ennesimo proclama di quella che viene presentata come l’ennesima svolta. Già, come se ce ne fossero state altre. Il problema è che, almeno per adesso, le svolte restano tristemente “imprigionate” nella mente dell’attuale Presidente del Consiglio dei ministri e nell’immaginario collettivo, non essendoci innovazioni concrete da poter esaminare. Il Segretario del Pd, infatti, annuncia la riforma della pubblica amministrazione che, per completezza espositiva, dovrebbe muovere i passi iniziali con la presentazione, mercoledì, dei primi provvedimenti. Ed anche in questo caso, accanto all’annunciazione della nuova riforma, Matteo Renzi propone anche l’ennesima minaccia di andare a casa qualora tutto dovesse risolversi in un nulla di fatto. Pensandoci bene, probabilmente, sono più le minacce di porre fine al governo, nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, rispetto alle promesse e alle, per ora, trascendentali realizzazioni. Infatti, proprio in quest’ottica, il Premier specifica che in questa fase iniziale verrà solo presentato il progetto, rimandando a un secondo momento il decreto legge.
L’obiettivo reale della riforma sarà quello di “beccare i fannulloni e farli smettere, e valorizzare i tanti non fannulloni dando un premio a chi non è fannullone incentivando gli scatti di carriera e magari lo stipendio”. A ciò si aggiunga che tutti i cittadini avranno un pin per l’accesso alla pubblica amministrazione, che consentirà di associare a tutti una identità digitale. Il tutto, sembrerebbe, ai fini della semplificazione, dello snellimento della burocrazia e della trasparenza. E Renzi cerca di fare chiarezza anche in merito ad un altro problema che necessita una soluzione, ovvero quello relativo alla revisione della spesa pubblica che, rispetto alla pubblica amministrazione, si collega alla questione degli 85 mila esuberi. Specifica, infatti, che si tratta di una cifra teorica e che non è nelle sue intenzioni licenziare nessuno, giacché “i dipendenti non li dobbiamo far lavorare di meno, ma di più”. E, si potrebbe aggiungere, anche meglio, in alcuni casi. Non resta che aspettare questo “secondo momento” per conoscere nel dettaglio il contenuto del futuro decreto legge.
Intanto i tempi delle riforme che Matteo Renzi aveva indicato successivamente al suo insediamento, ahinoi, non sono stati rispettati. Eppure lui è ancora li. Forse si è reso conto che serve un qualcosa in più. L’ormai più che famosa riforma del Senato, tanto per citarne una, rientra in questo ordine di narrazione, tanto è vero che la presentazione del testo base sulle riforme in commissione Affari costituzionali del Senato è stata posticipata al 6 Maggio. Tutto ciò proprio quando l’Istat ribadisce, diffondendo i dati della propria ultima ricerca, che il tasso di disoccupazione a marzo resta ancora alto (12,7%), in aumento di 0,7 punti rispetto al 2013. Ma resta pressoché considerevole ed allarmante la disoccupazione giovanile, essendo senza lavoro circa 43 giovani su 100 (42,7%).
Si dia una mossa Renzi o rischia di essere ricordato, niente meno, solo come il Premier più minaccioso della storia repubblicana.