Il buon padre di famiglia

L’ape avevo imparato a guidarla prima ancora di conseguire il patentino. Di necessità virtù, non potevo continuare a portare in giro bombole di gas a spalla o sulla carriola. Di prendere la ceccato98 nemmeno a parlarne, troppo pericoloso. Ma quanto all’ape, papà chiudeva un occhio, e Pasquale, mio fratello, spregiudicato nato, ci mise poco ad insegnarmene la guida. Non era facile, si ribaltava facilmente come un triciclo, soprattutto quando a vuoto prendevi una curva troppo in fretta, non era una esperienza piacevole, che purtroppo provai più volte.

Conseguito il patentino non vedevo l’ora di utilizzarla, in luogo della faticosa carriola, per la consegna delle bombole di gas. Non ero il solo. Pasquale avrebbe usato la moto e si sarebbe sgravato di un poco di lavoro. Papà avrebbe potuto incrementare il lavoro. Tutti avevamo da guadagnarci. Così fu. Così fu che, una sera di tardo ottobre, capitai, appena in tempo per ascoltare anche io dalla radio a valvole “ascolta si fa sera”, in casa di zio Carlo, alla periferia alta del paese verso Pavigliana.

Erano in casa solo due vecchini, i figli lavoravano fuori città, era pronta la focaccia, abilmente cucinata dalla nonna nel forno a legna posto nello spiazzale avanti la casa colonica. Mi invitarono e non me lo feci ripetere due volte, sia per fare loro un pochino di compagnia, sia per l’odore che veniva fuori dal forno.

 Fu quella l’occasione per fruire della prima lezione di contabilità della mia vita. Zio Carlo infatti, per pagare la bombola, prese, dal “tiraturi” del tavolo da pranzo, un quaderno nero con il dorso rosso, Pigna. Aprì il quaderno e tirò fuori una banconota da dieci mila lire, grande quanto un lenzuolo. Mi accorsi allora che nelle diverse pagine del quaderno erano disseminate banconote di diverso taglio, da cinquecento a cinquantamila lire. Chiesi spiegazioni, che, tra un boccone e l’altro, zio Carlo mi fornì. Mi spiegò che quando riscuoteva la pensione o il corrispettivo per la vendita del vitello o per la vendita delle olive, distribuiva il danaro nelle diverse pagine del quaderno. I soldi della pensione li distribuiva nelle pagine iniziali, destinandoli alla spesa quotidiana, al gas, alla luce, alle medicine, ecc.

Quelli del vitello, quando andava bene, e delle olive, di solito ogni paio di anni, perché quando era magra bastavano appena per produrre l’olio per la famiglia, li accantonava nelle pagine finali del quaderno, sarebbero serviti per il matrimonio di un parente, un battesimo o una cresima, per una malattia imprevista, l’acquisto del televisore, che tanto desideravano, per una spesa mensile male stimata, allora li avrebbe spostati nelle pagine iniziali, salvo ripristinarli dove erano appena riscossa la pensione.

Quando invece, dopo qualche mese, le “somme stanziate” nelle pagine finali del Pigna fossero diventate tante, allora le avrebbe portate alla posta. Andai via in tarda serata, satollo e soddisfatto. Ci pensai per tutta la notte, avevo finalmente capito cosa significa “diligenza del buon padre di famiglia”, della quale sentivo ed ho continuato a sentir parlare spesso.

Enzo Cuzzola

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