L’incipit con cui Alfonso Cuaròn dà il via alle danze atmosferiche di Gravity, pone l’attenzione sul fenomeno fisico per cui il suono, nello spazio, in mancanza di un vettore in grado di trasportarlo, non ha modo di essere. Se per uno spettatore distratto questa premessa risulta un di più, per un cinefilo vuol dire molto: questa nota sulla mancanza di suono nello spazio sarà un elemento narrativo fondamentale. Soffermandoci sulla trama – una squadra di astronauti è colpita da una tempesta di detriti, l’unica sopravvissuta è Ryan (Sandra Bullock) che deve trovare il modo di ritornare sulla Terra.
Ad ostacolarla, oltre alle avversità gravitazionali, un dramma personale mai affrontato. Una sfida contro i limiti della sfera “spaziale” e personale. Quella di Cuaròn è una cornice fantascientifica avvincente, che solo grazie alla tecnologia digitale moderna riesce a trasmettere la profondità epica di uno spazio fermo ai tempi di Apollo 13 (Ron Howard, 1995) e 2001: Odissea nello spazio (Stanley Kubrick,1968).
Gravity, gravita tra l’emozione e l’ansia più claustrofobica dovute alla continua sospensione del sonoro, narrativamente rimosso, e alle soggettive stressanti che permettono al pubblico di vivere – seppur in modo passivo – la difficoltà d’azione in cui la protagonista è confinata. Una pellicola, quella di Cuaròn, sperimentale, verosimile, attendibile per certi versi. Lo spettatore è portato a non saper distinguere l’ansia dall’estasi visiva poiché la prima è legata alla trama, in maniera indissolubile, la seconda ad una perfetta resa di computer grafica.
Sono gli effetti speciali a supportare la storia di Gravity; quando questi sono dimenticati dallo spettatore, in quanto tali, poiché l’occhio critico del pubblico li ha ormai riconosciuti come elemento attendibile, ecco venir fuori l’intimità del vissuto di Ryan e del dramma familiare che l’ha resa quasi borderline. Gravity: 90 minuti senza tregua.
Una tensione costante che lascia lo spettatore sospeso anch’esso nella percezione di mancata attrazione terrestre, posto lì, accanto alla protagonista. Nella storia del cinema, dal Viaggio sulla Luna di Méliès fino all’Odissea di Kubrick, possiamo tranquillamente affermare che il visionario Cuaròn, oggi, conquista un posto sul podio dei miglior film ambientati oltre la stratosfera.
Ilenia Borgia – Critico cinematografico