A Reggio è accaduto un fatto molto strano: i manipolatori dell’informazione hanno reso ufficiale l’idea di coloro che ritengono che la cultura sia monopolio esclusivo di chi la esercita per diletto e ornamento. S’è voluto, insomma, regolarizzare un grande equivoco presentando un programma culturale accessibile a tutti perqualche ora. Dare l’idea d’una cultura asservita e spinta dall’ingranaggio di un palinsesto è un fenomeno che potremmo dire di “culturismo intellettuale”, e cioè il bisogno che hanno certi personaggi di contraffare le emozioni per ridurle a qualche cosa di pronto e di immediatamente disponibile per l’uso. Il che è assai lontano dal significato vero di “cultura”: essa è aspirazione, elevazione; ma ciò che più d’ogni altra cosa ci muove verso la cultura è il sacrificio, la consapevolezza che essa non sia facilmente raggiungibile e che esiga, invece, una tensione, una volontà di possesso a qualsiasi costo. La cultura, insomma, non è uno “spirito” che cala sulle masse e sul popolo come un privilegio di cui si possa disporre ad una data ora di un tale giorno. Anzi vi è il pericolo di mistificarne e volgarizzarne il senso diseducando l’umanità a ricercarne l’altezza. Il rischio di simili operazioni, inoltre, è che la cultura nelle mani incerte di populisti e demagoghi perda la sua universale utilità e diventi arma di combattimento politico e di cattiva educazione. Fenomeni di questo genere si riproducono ogni volta che la politica è in crisi e impegna tutte le forze della società per salvarla da una grave malattia. E noi avremmo chiamato a salvare la nostra cultura portatori di una delega che non sembra più tenersi distante da interessi di più bassa portata. Temiamo, piuttosto, che l’istante breve della cultura svenduta a Reggio scomparirà dietro un sipario; si conteranno forse gli applausi e gli incassi del pubblico, e mentre noi credemmo d’esserci acculturati, qualcuno ha spezzettato un’altra verità per saziare l’ideologia della massa. A nessuno è mai venuto in mente che questi personaggi, la cui fortuna gli deriva dall’aver stretto in mano il mestolo delle pubbliche emozioni, non sono che parolieri portati dal tempo e dalle stagioni. Ma il silenzio degli intellettuali porta a queste e altre gravi conseguenze. E il dilettantismo crede di farla franca in un ambiente che non chiede nulla alla cultura se non qualche visita organizzata a mostre o a musei, come se la “cultura” fosse un prodotto per le masse svenduto sulla bancarella di un mercato rionale. E se la civile opinione continuerà ad assoggettarsi a tali parlatori da palcoscenico finiremo col credere che la cultura sia uno spettacolo da oratorio o da fiera. Ma l’incultura e il disprezzo della cultura, viene dagli stessi che si pretendono colti. E pensare che fummo gli annunziatori della più viva intelligenza culturale.
Dott. Antonino Coco, Componente il Coordinamento Provinciale di Reggio Calabria
LISTA SCOPELLITI PRESIDENTE