Sarà una giornata importante quella di oggi per Matteo Renzi e il suo Governo. Ma tutto lascia intendere che certamente non sarà facile. Il dibattito sull’abolizione delle province o, più specificatamente, sul Ddl Delrio che contiene “disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni”, prosegue tra alti e bassi e si prefigura dall’esito incerto. E mentre il Presidente del Consiglio è volato a Scalea per rispettare una serie di impegni, tra i quali la visita all’istituto comprensivo statale Gregorio Caloprese e la partecipazione ad una manifestazione anti ‘Ndrangheta, il consiglio dei ministri, radunatosi in mattinata, ha autorizzato l’apposizione della questione di fiducia sul Ddl all’esame del Senato, considerando che ieri la maggioranza era andata sotto in Commissione Affari Costituzionali per due volte.
La questione di fiducia, però, potrebbe rendere la situazione ancora più rovente. Già in questi ultimi giorni la maggioranza non si era dimostrata compatta e da più parti si erano levate voci piuttosto critiche, da chi – come il Senatore Mario Mauro – ritiene che il Ddl << rischia di diventare un disastro legislativo >>, a chi è contrario all’abolizione delle province e denuncia una possibile carenza di democrazia nel rapporto tra cittadini e istituzioni, per finire con chi, infine, lo considera carente.
D’altra parte, lo stesso Matteo Renzi degli ultimi giorni sembra non ostentare più la stessa sicurezza di qualche settimana fa. << Se domani passa la nostra proposta sulle Province, tremila politici smetteranno di ricevere un’indennità dagli italiani >> ha ribadito, lasciando però intendere che potrebbero esserci complicazioni (non)previste!
E non è un’ipotesi da escludere visto che, il ddl Delrio, tralasciando le altre contestazioni, secondo quanto rilevato dalla Commissione Bilancio pone qualche dubbio anche in merito ad un possibile aumento del costi per lo Stato. Costi che rischierebbero di diventare difficilmente quantificabili, almeno per quanto riguarda sia la disposizione che consentirebbe l’elezione diretta del sindaco e del Consiglio delle Città metropolitane, che quella che sancirebbe il trasferimento di personale e funzioni delle Province ad altri enti territoriali.
Insomma, la partita non è chiusa, anche se il tempo scorre inesorabilmente. Se il Ddl non verrà approvato entro il 5 aprile, il rischio è che molti cittadini italiani, il prossimo 25 Maggio, saranno chiamati nuovamente a votare proprio per il rinnovo di enti che neppure questo governo sarà riuscito ad abolire.