L’Associazione Culturale “Le Muse” in occasione delle “Piazze Culturali” che ormai caratterizzano la domenica in città, ha organizzato una visita al Nuovo Museo della Magna Grecia.
Un’ occasione in cui fare squadra era importante – ha ricordato – Giuseppe Livoti presidente del sodalizio reggino, insieme alla vice presidente arch. Adele Canale, in apertura della visita-conversazione nella nuova piazza all’interno del Museo. E’ necessario che i centri culturali siano promotori di visite nei palazzi della cultura, non singolarmente, ma in gruppo. Questo è il senso dell’appartenenza, questo è quello che i reggini hanno bisogno. L’ambiente ricavato in quello che un tempo fu il cortile del museo è oggi uno spazio per iniziare a pregustare quello che conserva un palazzo, emblema della cultura calabrese ed in particolar modo per quella civiltà magno-greca da cui noi tutti proveniamo. Un Museo che sostituì l’ex Museo Civico e che sin da subito divenne tra le realtà museali più prestigiose dell’Italia del Sud -ha concluso- Livoti.
Ad aprire la visita la dott.ssa Emilia Andronico -direttore archeologo della Soprintendenza Archeologica-, la quale si è subito soffermata sul senso del nuovo e del minimalismo che caratterizza il nuovo museo. Certo, – dichiara la dottoressa- ogni restauro su un palazzo storico, stravolge l’ordine a cui siamo stati abituati. Tale rinnovamento è stato effettuato sia nell’impianto architettonico che nell’esposizione interna solo da architetti. Un tempo, invece era ruolo esclusivamente degli archeologi riorganizzare gli spazi delle esposizioni, quindi prendiamo atto di questo nuovo cambiamento delle direttive del ministero.
Un contenitore, il Museo di Palazzo Piacentini, che forse ha perso una identità, quella storica, per ritrovarne un’altra – continua Livoti -, ecco il perché probabilmente le associazioni potrebbero animare con una programmazione ad hoc, i pomeriggi o le serate dei reggini. I numerosi soci Muse, così, si sono sottoposti alle ritualità previste, prima di entrare nella sala dei bronzi: l’attesa nella piazza per la visione del documentario e successivamente la chiusura nei due ambienti per la decontaminazione, prima di accedere alla visione delle bellissime statue.
La Andronico ha dialogato con i soci riesumando la storia dei due manufatti dalla scoperta nel 1972, fino al ritorno da poco dopo il soggiorno a Palazzo Campanella per il restauro conservativo. Opere quasi certamente del V secolo a. C. sono collocate nella posizione definita a chiasmo commenta l’archeologa, ed in particolare la studiosa, ha invitato il pubblico a notare come il bronzo A è più vitale rispetto a quello B nell’apparenza più rilassato.
I recenti restauri forse hanno portato il bronzo ad essere più lucido di prima, quasi togliendone la patina del tempo, mentre un difetto dell’esposizione potrebbe essere probabilmente la luce, molto diffusa, facendo perdere visivamente i particolari scultorei che prima incantavano il pubblico.
Una visita da riorganizzare magari in un prossimo futuro per vedere il tutto in una sistemazione definitiva : parliamo di sedili adeguati, spazi per abitare come dire gli ambienti spogli, e poi anche pannelli con maggiori didascalie per accompagnare la visita ed accorciare i tempi –morti-, ed ancora ritrovare il gusto del bello delle due statue, forse penalizzate da ambienti oggi troppo piccoli per ammirarli in tutta la maestosità ed imponenza e continuare così a perdersi in un luogo, tempio di bellezza e senso estetico.