L’assertività è la competenza relazionale che consente di riconoscere le proprie emozioni e i propri bisogni e di comunicarli agli altri nel rispetto reciproco. Il soggetto assertivo possiede un atteggiamento positivo verso se stesso e verso gli altri e mostra di riconoscere e rispettare i propri bisogni e quelli altrui. Lo stile di vita assertivo riguarda gli atteggiamenti profondi della persona e richiede lo sviluppo di quei comportamenti che determinano la capacità di relazionarsi con altri in modo spontaneo, naturale e soddisfacente, dove il riconoscimento delle emozioni dell’altro passa attraverso il riconoscimento delle proprie, e il rispetto dei bisogni degli altri è possibile solo se è presente il rispetto di sé.
Sei sono le componenti dell’assertività:
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Immagine positiva di sé: non è possibile affermare se stessi senza credere in se stessi!
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Contatto con gli altri: “partecipare” ad uno scambio equilibrato significa andare verso l’altro, lasciando che senza resistenze l’altro arrivi a noi.
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Libertà espressiva: la persona assertiva è consapevole che evitare di condividere i suoi stati d’animo non lo protegge dal conflitto con l’altro. Sa che è un suo diritto esprimersi liberamente e rimane sempre attento ai sentimenti dell’altro.
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Gestione delle richieste: questo aspetto rappresenta il diritto di manifestare all’altro i propri bisogni e allo stesso tempo di rifiutare le richieste dell’altro qualora siano ritenute inopportune o dannose.
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Gestione del feedback: riconoscersi la possibilità di fare e ricevere critiche costruttive rappresenta un’occasione per migliorare prestazioni future e rendere positivo il clima relazionale.
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Gestione del conflitto: la persona assertiva trasforma il conflitto in un’opportunità di crescita e in un momento costruttivo, favorendo un “accordo” sincero tra le persone coinvolte.
Dopo aver accennato alle componenti dell’assertività, è necessario soffermarsi su alcune tecniche, ormai accreditate, che determinano una gestione positiva delle relazioni.
“Ascoltare non è un bisogno che sentiamo ma un dono che facciamo all’altro”. Il bisogno di essere ascoltati e la disponibilità ad ascoltare è il primo passo per costruire una relazione efficace. La capacità di ascoltare è un’abilità e, come tale, può essere accresciuta e migliorata. Thomas Gordon, psicologo clinico e già presidente della California State Psycological Association, propose una tecnica specifica, definita “Ascolto attivo” che, utilizzata all’interno della relazione, dispone l’altro nella condizione di poter comunicare il suo disagio permettendo l’attivazione di risorse adeguate nella risoluzione del problema. Secondo questo autore, ascoltare in modo attivo contribuisce a stabilire uno stile di influenza costruttivo nei rapporti: l’altro si sentirà considerato, compreso e accettato come persona. La tecnica dell’ascolto attivo prevede una serie di passaggi, all’interno di un’interazione comunicativa, che possono essere riassunti come segue:
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Ascolto passivo: si tratta della fase iniziale dell’interazione che consiste nell’ascoltare l’altro in silenzio permettendogli di esporre, senza essere interrotto, i propri problemi e di percepire l’attenzione che gli viene rivolta;
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Messaggi di accoglimento: consistono in messaggi verbali (“ti ascolto, sto cercando di capire…”) e non verbali (cenni del capo, sguardo, sorriso…) che sottolineano l’atteggiamento di ascolto;
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Inviti calorosi: si tratta di messaggi verbali che incoraggiano il soggetto ad approfondire quanto sta dicendo (“dimmi, spiegami meglio…”) senza valutare o giudicare ciò che viene detto;
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Ascolto attivo: durante questo passaggio, chi ascolta “riflette” il contenuto del messaggio dell’altro restituendo il contenuto con parole diverse. Questo permette di verificare la comprensione del messaggio e la condivisione dello stato d’animo. E’ importante precisare che l’ascolto attivo non rimanda solo il contenuto verbale ed esplicito del messaggio ma riflette piuttosto i sentimenti espressi dal comunicante e percepiti dall’ascoltatore, cioè il contenuto emotivo della comunicazione.
Il merito principale di questa tecnica consiste nel permettere a chi esprime un messaggio, di sentirsi compreso, ma non giudicato: è comprensione empatica, condizione fondamentale per aumentare la motivazione a investire le proprie energie per risolvere un problema. Oltre all’ascolto attivo, Gordon delineò un’altra tecnica comunicativa utile per facilitare e migliorare le relazioni, che definì “Messaggio Io”. Egli considerò tale tecnica complementare alla precedente in quanto, mentre la prima permette di affrontare situazioni in cui il problema riguarda un’altra persona, il messaggio Io è efficace quando l’individuo si trova egli stesso in difficoltà a causa del comportamento di un altro con cui entra in conflitto. Nella tecnica “Messaggio Io” è centrale la possibilità dell’individuo di esplicitare i propri sentimenti relativamente a ciò che crea il disagio. Confrontarsi con l’altro non è mai semplice e, di fronte a una situazione difficile, accade di mettere in atto strategie che enfatizzano il problema piuttosto che risolverlo. Una delle reazioni più istintive consiste, ad esempio, nell’aggredire l’altro, anche se solo verbalmente, formulando pesanti accuse nei suoi confronti. Tuttavia giudicando l’altro, inviandogli dei cosiddetti “messaggi tu” (“non sei capace che di pensare a te stesso”, “sei un buono annulla”, “sei sempre il solito”, “tu non mi ascolti”), lo si può facilmente offendere, e si rischia si attivare delle difese che si possono manifestare con un atteggiamento di reazione oppositivo. Si crea,così, un circuito chiuso che impedisce di risolvere il problema ma anzi lo acutizza .
La tecnica del “messaggio Io” consta di tre momenti:
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descrizione del comportamento che crea il problema, senza esprimere un giudizio;
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descrizione dell’effetto tangibile e concreto che il problema determina su chi parla;
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descrizione degli effetti soggettivi del problema.
L’esempio di una frase che tiene conto di questa tecnica può essere il seguente: “quando voi parlate così tanto senza fermarvi (descrizione del problema), io non riesco a dire la mia opinione (effetto tangibile) e ciò mi fa sentire inutile” (descrizione effetti soggettivi. Con questa tecnica non si esprime alcuna valutazione sulla persona che compie l’azione ma le si comunica gli effetti del suo agire e i sentimenti/reazioni che esso provoca negli altri. Si mette in evidenza che è un comportamento specifico che provoca un problema, non la persona in sé. Grazie a questo messaggio l’altro non sente messo in gioco se stesso ma solo il suo comportamento in quel preciso momento, svilupperà così un pensiero del tipo: “non sono io che non funziono ma questo specifico comportamento”. Chiunque, trovandosi davanti a qualcuno che dice apertamente ciò che prova, eviterà di assumere atteggiamenti di difesa ma sarà invece portato a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni e ad agire più consapevolmente in futuro. Emettere il Messaggio Io comporta sempre l’espressione dei propri sentimenti, cambiare il modo di rapportarsi agli altri, prendere coscienza dei propri vissuti. Si tratta di messaggi di relazione che vanno oltre il contenuto esplicito e che assumono un valore importantissimo nella comunicazione. A tal proposito Gordon elencò ben dodici atteggiamenti che è opportuno evitare per non rischiare di “interrompere” la comunicazione e danneggiare la relazione:
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Ordinare ed esigere: quando si obbliga qualcuno a fare qualcosa non si tengono in considerazione i suoi sentimenti. Ricevere ordini può suscitare rabbia e ostilità.
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Minacciare: davanti a una minaccia l’altro spesso contrattacca o, per paura di perdere l’aiuto di cui ha bisogno, manifesta un atteggiamento passivo. La paura riduce la fiducia nella relazione e la motivazione ad affrontare e superare i problemi.
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Fare la morale: l’invito a seguire determinati obblighi, imponendo una morale, può intaccare l’autostima, la fiducia in se stessi e aumentare i sensi di colpa.
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Fornire soluzioni “già pronte”: indicare la soluzione a un problema piuttosto che stimolare la ricerca di una soluzione autonoma, può far credere all’altro che non si ha alcuna fiducia nelle sue capacità.
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Persuadere con argomentazioni logiche: se nella valutazione dell’operato di una persona non si tengono in considerazione i suoi sentimenti la persona non si sentirà compresa;
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Giudicare, disapprovare: le critiche, i giudizi negativi, e la disapprovazione danneggiano l’immagine personale che l’altro ha di sé.
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Fare complimenti e approvare immediatamente: i complimenti immeritati, così come le critiche, possono ferire la persona che li riceve e che li sente non corrispondenti all’immagine di sé, percependoli come falsi;
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Umiliare e ridicolizzare: tutti i messaggi che umiliano o ridicolizzano la persona sono offensivi;
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Interpretare, analizzare: è bene non interpretare i comportamenti e i messaggi della persona per evitare di elicitare nell’altro comportamenti difensivi qualora l’interpretazione sia corretta, e di suscitare emozioni negative nel caso in cui la versione data non sia corrispondente alla realtà percepita.
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Consolare e sminuire: minimizzare un problema allo scopo di consolare può far sentire l’altro non compreso;
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Schivare il problema e cambiare argomento: se il problema viene schivato la persona può pensare che l’altro non lo consideri importante, né consideri importanti i suoi sentimenti;
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Informarsi interrogando: se nella relazione il soggetto si sente sottoposto ad un interrogatorio, può sentire l’altro troppo invadente e tendere a chiudersi in se stesso.
Quelle descritte in questo articolo sono solo alcune delle tecniche utili a garantire scambi comunicativi funzionali, perché se è vero ciò che disse Paul Watzlawick ne Pragmatica della comunicazione umana: “comunque ci si sforzi, non si può non comunicare” quanto meno utilizziamo la strategia che ci consenta di farlo nel modo più efficace.
Dott.ssa Olga Iiriti – Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale