Nel movimento politico 5 Stelle sono presenti aspetti già noti, come la ricerca dell’uomo della Provvidenza capace di sanare, senza se e senza ma, (altro slogan abusato) i mali del paese. Non servono analisi, riflessioni e scelte individuali: c’è lui. Ma, spesso l’uomo della Provvidenza si trasforma in capro espiatorio: basta poco. Il confine tra i due è sottile. Infatti, altrove, l’alternarsi delle coalizioni al governo del paese è vissuto senza drammi, come un normale avvicendamento, in Italia è sempre una svolta epocale: una catarsi. Grillo, poi, introduce un elemento di novità. Negli anni 70 esistevano i gruppi extraparlamentari sia di destra sia di sinistra: organizzazioni presenti nel paese ma non rappresentati in parlamento. Con Grillo appare il leader extraparlamentare. Un leader politico non eletto che guida un partito personale presente in parlamento. Già Berlusconi e Di Pietro avevano creato forze politiche personali: ma poi erano stati eletti. Invece, la leadership nel movimento 5 Stelle non è eletta: né dai cittadini né dai militanti. Come nelle monarchie assolute dove il Re era tale per diritto divino. Una leadership totalizzante che non accetta le diverse opinioni; anzi li considera alto tradimento. A questo aggiungiamo: un livore verso tutto e tutti; un disprezzo profondo per le istituzioni e la concezione di ritenersi talmente puri da non potersi sporcare lavorando con le altre forze politiche. Dimenticando la fine dei puri: c’è sempre uno più puro che, infine, li epura. E, per ultimo ma non ultimo, l’obiettivo di raggiungere il 51 per cento dei voti. Se questo dovesse succedere: cosa accadrà al restante 49 per cento degli italiani?
L’Abate Busoni