di Leo Iiriti – Qualche giorno fa stavo rileggendo Lettere Meridionali di Pasquale Villari, meridionalista e intellettuale dell’800. Sono rimasto particolarmente colpito dalla descrizione che propone della nostra società di quel periodo, un Sud per certi versi povero e per certi versi ricco: quello povero composto da una classe sociale dedita alla malavita, e quello ricco rappresentato dalla classe nobiliare e dai latifondisti. Il Sud, quindi, era composto da due società completamente diverse sul territorio, con interessi diversi, con prospettive diverse e con capacità economiche differenti.
In poche parole, quando il Nord decise di accaparrarsi il Sud Italia, lo fece nella piena consapevolezza delle sue azioni, soppesando le sue scelte, e i suoi interessi verso un territorio composto da strati deboli della popolazione dediti alla malavita, e dal latifondo con la sua proprietà fondiaria con i cui esponenti si poteva scendere a patti, la marina mercantile più importante del Mediterraneo, e dall’altra la Banca Mercantile con i forzieri pieni di oro. Tali elementi portarono ad una valutazione in riferimento all’opportunità di una unificazione territoriale:vi era la presenza della malavita, la presenza dei latifondisti, e poi vi erano ricchezze tali da poter sostenere l’enorme debito pubblico acquisito nel corso degli anni e dalle guerre dello stato piemontese.
La valutazione e la successiva azione di unificazione venne portata a compimento da logiche di interesse politico-economico, e non da fattori legati a sentimentalismi di unità nazionale, perché con il 2% di popolazione alfabetizzata era estremamente difficile affrontare i temi legati al valore dell’unità nazionale; la gente viveva nel proprio paese, lavorava nei campi, e non conosceva un’altra dimensione sia sociale che territoriale.
Quando il territorio venne unificato, pertanto, l’obiettivo non era quello di annullare i limiti e le contraddizioni del Sud per creare uno stato che guardasse al Nord, ma quello di mantenere l’equilibrio di potere legato al mondo del latifondo e della malavita, per raggiungere il livello di consenso determinante, per garantire una ferma egemonia politica sul territorio. Il fine non era quello di cambiare il Sud per far nascere un nuovo paese, ma quello di garantire le logiche di potere che tanto hanno fatto comodo ai partiti che si sono susseguiti. Cambiare tutto per non cambiare nulla questa è la frase presente nel “Gattopardo” che meglio esprime il concetto di cambiamento di quel periodo storico.
La grande verità che non si vuole ammettere, è che nel corso degli anni, il Sud Italia ha accettato di convivere con i sui limiti, e al Nord ha fatto comodo che tali limiti continuassero a esistere, perché tutto questo ha garantito determinati equilibri di potere.
Quindi lo Stato italiano è stato volutamente creato con un Sud ad una velocità ed un Nord ad un’altra, perché tutte le problematiche che si sono verificate al Sud, sono frutto di accordi tra la classi egemoni alle quali interessava mantenere determinate posizioni. Oggi avviene lo stesso con l’Unione Europea, si vogliono unire tanti popoli sotto un’unica bandiera, garantendo gli equilibri di potere delle potenti lobby del sistema finanziario che tiene sotto scacco quello politico.
Non si bada a risolvere le complessità che non permettono una unione tra i diversi Stati, ma si vuole cercare, solamente, di creare una Unione Europea a due velocità, la Germania come leader e tutti gli altri devono seguire.
La verità è che l’Unione Europea potrà avere una moneta, potrà avere una sua legislazione, ma non sarà mai un’unica realtà politica economica fino a quando i cambiamenti e le unioni non arriveranno puntando alla base, guardando quella parte della popolazione che la mattina si alza presto e va a lavorare, perché questa è la parte del sistema che più delle altre produce unione, stabilità e ricchezza.