Lettera a un ergastolano a una studentessa

Un sorriso fra le sbarre per Clara

Carmelo Musumeci, detenuto di cui ci stiamo caparbiamente occupando perché venga declassificato dal regime Alta Sicurezza, durante il giorno fa parte delle attività e frequenta gli ambienti della redazione interna di Ristretti Orizzonti, dove incontra decine di classi di ragazzi delle scuole che entrano in carcere per un confronto/dialogo con i detenuti. Dopo uno di questi incontri del progetto “Scuola carcere” una studentessa ha scritto a Carmelo Musumeci. Riportiamo qui sotto parte della sua lettera e la risposta di Carmelo:  Ciao Carmelo, stamane ho avuto il piacere e la fortuna di incontrarti grazie all’iniziativa proposta da Ristretti Orizzonti. Il mio intervento sull’ergastolo c’è stato, anche se con voce tremante, dopo il tuo racconto. Sono sempre stata un po’ dubbiosa sull’argomento, non ho mai saputo schierarmi apertamente o averne un’opinione ferrea. Questo perché, nonostante abbia sempre pensato che l’ergastolo sia esattamente al pari della pena di morte (se non peggio), la mia parte emotiva ha sempre prevalso un po’.  Mi immedesimavo nei familiari delle vittime e l’ergastolo, da una parte, mi sembrava la soluzione “migliore”. Ma non ne sono mai stata fermamente convinta, ed oggi grazie alla tua testimonianza e a quella degli altri detenuti ho trovato la risposta che cercavo.  Sono completamente contraria: oltre a trovarlo crudele e vendicativo lo trovo anticostituzionale. E soprattutto controproducente per la società, poiché quest’ultima non ne trae nessun beneficio.

Che fine fanno i sentimenti, la dignità?

Chi ha il potere di privarci della libertà? E’ giusto pagare per i propri errori, ma è estremamente importante dare la possibilità di riconoscere questi e di riscattarsi.  Ho firmato sul tuo sito contro l’ergastolo, con tutta la speranza che un giorno le cose possano cambiare.(…)

Clara, mi è difficile  risponderti. Non è facile per un lupo cattivo scrivere a una brava ragazza. Non so neppure da dove cominciare. Ed tra luce e oscuritàho pensato prima di parlare di me d’iniziare a descriverti la mia cella. Io sono in “Alta Sicurezza”. Ed ho la fortuna di stare in cella singola. Le celle sembrano degli armadi in cemento e ferro. Sono divise una dall’altra da uno spesso muro. E hanno un blindato e un cancello davanti. Ogni blindato ha uno sportello di ferro con una fessura per passare il mangiare dentro la cella. Poi c’è uno spioncino rotondo nel muro dalla parte del bagno che consente alla guardia di vedere l’interno senza essere visti. La mia tomba può misurare tre metri d’altezza. Due metri e mezzo di larghezza. E tre di lunghezza. Posso fare solo quattro passi in avanti e quattro indietro. Nella finestra ci sono grosse sbarre di ferro, i muri sono lisci. Dentro la mia tomba ho una branda, un tavolo e uno sgabello. In questa sezione sono tutti detenuti condannati a pene lunghe. E la maggioranza alla pena dell’ergastolo. Io normalmente mi alzo ogni mattina alle cinque. E leggo, studio e scrivo per buona parte della mattina. E poi per buona parte della notte. Quand’ero più giovane per mantenere in forma il fisico facevo sempre ginnastica. Ogni venti pagine che leggevo facevo pausa. Poi mi mettevo a fare venti flessioni. E venti addominali. Una per ogni pagina. E dopo ricominciavo a leggere. Adesso però da un paio di anni ho smesso di fare ginnastica perché mi sembra stupido portare nell’aldilà un fisico sano e robusto. Sono contento di fare parte della Redazione di “Ristretti Orizzonti” soprattutto perché ho la possibilità di partecipare al progetto “Scuola-Carcere” e d’incontrare tanti ragazzi e ragazze. Riguardo alla mia storia sulla mia infanzia criminale ci tengo che tu sappia che per le mie scelte di vita non incolpo nessun altro, specialmente a quel tempo pensavo di non avere avuto scelta. Clara, credo che le persone non nascano cattive ma hanno buone probabilità di diventarlo con l’aiuto a volte delle persone “perbene”. Sono stato in carcere fin da minorenne. Si può dire che ci sono cresciuto dentro l’Assassino dei Sogni (il carcere come lo chiamo io). Spesso la società vorrebbe chiudere tutti quelli che commettono reati fra quattro mura e buttare via le chiavi. Non si rende però conto, forse perché è troppo  stupida per farlo, che molti di loro alla fine usciranno. E poi molti di questi si vendicheranno di essere tornati in libertà più cattivi di quando sono entrati. Le prigioni sono fabbriche di odio ed è difficile migliorare le persone con la violenza e la sofferenza. Clara, adesso smetto di scriverti, ma ho cercato di non trasmetterti nessuna malinconia e tristezza, come quando scrivo ai miei figli. Spero di esserci riuscito, perché non è facile parlare di carcere senza amarezza. Comunque sappi che io sono abbastanza sereno, mi manca solo un po’ di speranza, solo quella. E adesso il mio cuore ti manda il migliore dei suoi sorrisi. Mi dispiace solo che purtroppo sia un sorriso fra le sbarre condannato a stare prigioniero per sempre.

Buona vita.

Carmelo Musumeci.

Padova,  gennaio 2014

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