Il ddl Delrio, riguardante la riforma degli Enti locali ed in discussione presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica dopo l’ approvazione alla Camera dei Deputati, l’ ha fatta da padrone ieri nel corso di due appuntamenti importanti tenutisi a Roma: l’ Assemblea dei Presidenti di Provincia, Presidenti di Consiglio e direttivo UPI ed una riunione su Province ed Aree Metropolitane. “I due incontri romani stati molto importanti per fare il punto sullo stato dei lavori parlamentari sul ddl Delrio – commenta così il consigliere Marcianò – che svuota le Province e fa nascere ben 20 Città metropolitane. Si è ampiamente discusso anche sugli evidenti profili di incostituzionalità e criticità, che si concentrano soprattutto nell’ art. 3 del ddl Delrio relativo a “istituzione delle città metropolitane in sede di prima applicazione. Più si entra nel dettaglio del provvedimento più si svela l’inganno: la verità è che non è in programma né in discussione alcuna “abolizione” delle province. Ed è lo stesso governo a confermarlo dal momento che parla di “interventi su province, città metropolitane e unioni di comuni”, con la prima approvazione di “un disegno di legge che detta un’ampia riforma in materia di enti locali, prevedendo l’istituzione delle città metropolitane, la ridefinizione del sistema delle province ed una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni”. Il ddl – dichiara Marcianò – dunque non abolisce affatto le Province, che restano operanti anche se svuotate di alcune funzioni. Il testo approvato dalla Camera il 22 dicembre 2013 ed in questi giorni in discussione in Commissione Affari Costituzionali del Senato prevede una serie di interventi su città metropolitane, province e comuni. Si parte dall’individuazione di nove città metropolitane, oltre a “Roma Capitale”: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. E’ prevista in linea teorica anche la costituzione di “ulteriori città metropolitane nelle province con popolazione superiore ad un milione di abitanti e su iniziativa del comune capoluogo”. Così come in teoria per i singoli comuni sono previsti meccanismi di entrata e di uscita dalla città metropolitana. In particolare, un “gruppo qualificato di Comuni” può chiedere di uscire dalla città metropolitana ed il mantenimento della provincia esistente (sarà necessaria in ogni caso una legge dello Stato). Dunque questa grande rivoluzione che, cancellando le Province, dovrebbe salvare il Paese è in realtà una piccola, banale riforma, che non semplificherà nulla e renderà la vita impossibile ai cittadini ed agli stessi sindaci. E’ folle affermare – come dichiarato dal Presidente dell’ UPI Antonio Saitta – che una riforma che spezzetta le funzioni oggi esercitate dalle Province tra Comuni, Unioni di Comuni, Comunità Montane, Città metropolitane, Regioni e Agenzie regionali, possa essere una semplificazione! Proprio nei giorni scorsi – prosegue Marcianò – ho inviato una mia personale lettera a tutti i Senatori*, resa da subito pubblica, in cui ho attenzionato, aspetti condivisi anche durante gli incontri di ieri, quali: la necessità di rivedere le funzioni delle Province, e quindi delle città metropolitane, assegnando a queste istituzioni tutte le competenze tipiche di area vasta, a partire dall’ edilizia scolastica; la revisione del sistema elettorale per le Province e le città metropolitane, in modo da garantire il livello di democrazia rappresentativa; la revisione della tempistica transitoria di istituzione delle città metropolitane, che risulta confusa, caotica e contraddittoria ed infine la richiesta di interventi più incisivi sugli enti strumentali e sulla riorganizzazione dell’ amministrazione dello Stato sui territori, così da produrre veri risparmi. Alla luce delle suddette criticità rilevate si è deciso a fine incontro – conclude Marcianò – di rendere pubbliche tutte le lettere che verranno inviate ai Parlamentari ed in cui si metterà nero su bianco, tutte le incongruenze di questo disegno di legge, che avrà come unico risultato l’interruzione di servizi pubblici essenziali cui tutti i cittadini hanno diritto. Se dovesse andare in porto così come è scritto in Italia porterebbe al caos istituzionale. E pensare che è stato rappresentato dal Governo come una semplificazione.”
COMUNICATO STAMPA ASSESSORE PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA MICHELE MARCIANO’