di Giuseppe Dattola – L’Italia e la NBA; un binomio che, non meno di dieci anni fa, era impensabile ma che adesso invece si può tranquillamente pronunciare senza dire un’eresia. Eh si perché sono quattro i rappresentanti del basket titolare nella terra che ha inventato questo sport. Ed almeno tre di loro hanno un ruolo di protagonisti nelle rispettive squadre e non stiamo parlando di franchigie di secondo piano ma di corazzate che sognano il titolo. Questo è senza dubbio il caso di Marco Belinelli, ormai da un lustro nella Lega americana che, la scorsa estate, ha firmato un contratto importante con i San Antonio Spurs, finalisti nella passata stagione anzi campioni per qualche secondo se non fosse stato per un miracolo di Ray Allen nella gara sei contro i Miemi Heat; dopo le esperienze con Golden State, New Orleans e Toronto; l’ex Fortitudo si rilancia a Chicago e fa innamorare di se il maestro Popovich che lo vuole come specialista del tiro in uscita dalla panchina: Belinelli ripaga la fiducia conquistando il primo posto nella classifica della percentuale da tre punti e diventando una pedina importante nella rotazione di una squadra che punta a tornare in finale. Cambio di maglia nell’ultima off-season anche per Andrea Bargnani che, dopo l’esperienza ai Toronto Raptors dove è stato chiamato con la prima scelta assoluta del draft di qualche anno fa, è approdato nella grande mela, sponda New York Knicks. Non è facile per il talento romano conquistare il pubblico del Madison ma, dopo alcune difficoltà iniziali, l’ex Benetton si sta facendo conoscere mostrando i suoi punti di forza che sono prima di tutto un micidiale tiro da fuori per un uomo di oltre due metri e dieci. Fermo ancora ai box Danilo Gallinari, un ragazzo che stava spostando gli equilibri e che cominciava a sognare l’All Star Game ma l’infortunio della scorsa stagione non è stato ancora superato ed il figlio dell’ex scarpette rosse Vittorio deve ancora tornare a giocare anche se il suo rientro sembra imminente. Denver ha bisogno della sua versatilità e del suo modo di trattare la palla nonostante abbia il corpo di un centro. Ancora in fase di rodaggio l’ultimo arrivato Datome; l’ex capitano di Roma sta cercando di capire come si gioca da quelle parti in una franchigia modesta come Detroit nella speranza che, prima o poi, coach Cheeks gli dia spazio e tutti gli addetti ai lavori sono convinti che possa diventare un giocatore da doppia cifra di media. Il quartetto è servito dunque ma ci sono altri che possono sbarcare a breve: Daniel Hackett sta flirtando con alcune squadre da anni ed ha inserito una clausola che lo libererebbe dal suo nuovo contratto con Milano se arrivasse la chiamata da oltre oceano. C’è anche gentile che è finita nel mirino degli scout Nba e non è esclusa una chiamata al prossimo draft del talentuoso figlio di Nando. Oltre agli italiani veri comunque, ci sono quelli d’adozioni ed il primo in classifica di questa categoria è senza dubbio Manu Ginobili, talento sbocciato nel bel paese, anzi a nel profondo sud in quella Reggio Calabria che lo ha scoperto grazie alle eccezionali doti di talent scout di un maestro di questo sport che si chiama Gaetano Gebbia. La città dello stretto gli è rimasta nel cuore e lui non si dimentica del suo passato; adesso, con l’arrivo degli italiani nella lega, si sente ancora di più a casa e ripenserà ai vecchi tempi quando faceva magie in maglia neroarancio. Sembra passato un secolo ma stiamo parlando soltanto dell’anno di grazie 2000….