Oltre 250 studenti hanno preso parte alla prima giornata del “Reggio Calabria Film Fest” inserito nel “Festival Cinematografico della Calabria” all’interno del progetto “Calabria Terra di Festival” cofinanziato dalla Regione Calabria, Assessorato alla Cultura. L’evento,insieme alle sezioni di Cosenza e Catanzaro è organizzato dalla “Calabria Film Commission” presieduta da Gianluca Curti, con la direzione organizzativa di Michele Geria. Accompagnati dai propri docenti, gli studenti di “Piria”,”Boccioni,”Fermi,”Panella-Vallauri” e “Vinci” hanno assistito alla proiezione di Un eroe borghese, film del 1995, diretto da Michele Placido, tratto dal romanzo omonimo di Corrado Stajano che narra la drammatica storia di Giorgio Ambrosoli. Ambientato nella Milano degli anni Settanta, la pellicola narra la storia realmente accaduta dell’avvocato Giorgio Ambrosoli nominato quale commissario liquidatore delle banche di Michele Sindona, potente banchiere siciliano. Insediatosi nel suo studio, sotto gli sguardi sospettosi dei dipendenti, Ambrosoli indaga sulle attività bancarie di Sindona a New York ed in Italia. Presto emergeranno irregolarità e l’avvocato subirà le prime minacce ed intimidazioni. Aiutato dal maresciallo della Guardia di Finanza, Silvio Novembre, Ambrosoli proseguirà le indagini con coraggio e determinazione. I due scopriranno il coinvolgimento in questi affari illegali del banchiere milanese Roberto Calvi e dell’arcivescovo americano Paul Marcinkus. L’avvocato Ambrosoli intanto riceverà telefonate da un mafioso mentre a New York Sindona assolda il killer specializzato William Aricò per ucciderlo.
L’11 luglio 1979 Aricò uccide Giorgio Ambrosoli sotto casa a colpi di pistola. Subito dopo la proiezione ha avuto luogo il dibattito, moderato dall’avvocato e criminologo Agostino Siviglia. Il primo a prendere la parola è stato Antonino De Masi, testimone di giustizia, che proprio recentemente ha ricevuto il premio, organizzato dalla sigla sindacale della Confcommercio, alla memoria di Ambrosoli . L’imprenditore di Rizziconi ha raccontato agli studenti la sua drammatica vicenda che lo ha portato a vivere sotto scorta. “Sono felice di essere qui con voi perché la mia storia possa essere per voi uno stimolo a non rinunciare alla vostra libertà.” De Masi, dopo aver raccontato le innumerevoli intimidazioni subite, fra cui proiettili e lettere anonime, candelotti di dinamite lasciati sulla sua scrivania, colpi di pistola e fucile contro la sua azienda, ha fornito un ottimo spunto sul valore della legalità. “Io sono un cittadino che da oltre quarant’anni si aggrappa ad uno dei pilastri fondamentali per un futuro certo e sano per la nostra terra: la legalità. Io anche se vivo sotto scorta e sono molto spesso sui giornali per tutti i processi in cui mi sono costituito parte civile, sono un uomo normale; sono un padre di famiglia normale ed è da 40 anni che la mia famiglia è attenzionata. Noi a Rizziconi, e in tutta la Piana, siamo considerati degli infami, infami perché ho scelto di denunciare. Io e la mia famiglia siamo anomali per questa gente che ci considera degli infami. Ma noi non siamo anomali, o anormali, siamo normalissimi perché abbiamo fatto quello che era giusto fare ossia denunciare. La ‘ndrangheta è riuscita a far diventare ciò che è normale, anormale e viceversa. Cari studenti dovete riprendervi il presente, se volete avere un futuro. I miei figli, come voi, non devono avere né padroni, né padrini. L’unica cosa che mi fa andare avanti sono i miei valori: la libertà, la giustizia e la legalità. Io non chiedo grandi cose; a Nostro Signore quando prego chiedo soltanto che non accada nulla alla mia famiglia.”
Successivamente è intervenuto Giuseppe Minutoli, Presidente di Sezione del Tribunale di Reggio Calabria, nonché recentemente giudice del maxiprocesso “Crimine” che ha visto oltre 100 persone alla sbarra per associazione mafiosa. Minutoli ha esordito con una frase dell’ex procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli.” Il Procuratore Caselli una volta disse che se abbiamo visto morire Falcone, Borsellino e Don Pino Puglisi vuol dire che la magistratura, la Chiesa e la società civile non hanno fatto bene il loro dovere. Ognuno di noi ha il suo compito nella società. Le Istituzioni devono reprimere il crimine, ma devono anche essere d’esempio; di contro i cittadini, e voi studenti, dovete compiere una scelta. Dovete iniziare a capire che esistono dei luoghi comuni sulla mafia e sulla criminalità organizzata e credere a questi falsi miti vuol dire fare quello che i criminali vogliono. Innanzi tutto non credete che la mafia non esiste, esiste e si fa sentire. Sono centinaia e centinaia di affiliati sparsi su tutto il territorio italiano e anche all’estero. Il secondo luogo comune è che la mafia è solo al Sud. Non è vero, forse trent’anni fa era così. La criminalità organizzata è ovunque, si inserisce in ogni circuito e mette radici in ogni territorio. Il terzo falso concetto è quello relativo al fatto che non si deve parlare di mafia, o ‘ndrangheta, perché altrimenti si sporca l‘immagine del proprio territorio. È assolutamente il contrario; parlare di questo fenomeno vuol dire prenderne coscienza e solo se si prende coscienza si può tentare di combattere.”
c.s.