Il 18 Novembre 1993 votammo in Consiglio comunale per eleggere la nuova Giunta guidata da Italo Falcomatà. Sono passati 20 anni da allora, e se dovessimo descrivere con un grafico questo periodo potremmo utilizzare la curva della distribuzione normale (reminiscenze di statistica, grazie prof. Mesiano): una linea ascendente fino al vertice negli anni fino al 2002, una calante dal 2002 in poi.
Mi viene in mente questa storia dopo aver partecipato ad una riunione nel corso della quale il leit motiv è stato quello di sparare indiscriminatamente sui partiti e su chiunque abbia ricoperto ruoli politici negli ultimi 10 anni, semplificando fino a mettere alla gogna, allo stesso modo, scopelliti-attila e la sua banda di unni, e tutti coloro che ai nuovi barbari si sono opposti, chi più chi meno, chi con risultati tangibili e chi con risultati prossimi allo zero.
A parte la mancanza di generosità di queste posizioni grossolane, c’è da aggiungere che esse si basano su presupposti semplicemente falsi, inveritieri. E’ vero, anche nelle schiere dell’opposizione formale c’è stato chi ha inciuciato, chi ha goduto di qualche prebenda. Ma non possiamo sottacere, perché sarebbe un atto di assoluta disinformazione, che ci sono stati alcuni che hanno denunciato il sistema e sono andati anche a farlo davanti alla magistratura inquirente, e si sono anche recati a testimoniare davanti alla magistratura giudicante.
Possiamo negare queste circostanze? Presi dal sacro, per molti versi comprensibile furore contro i partiti del csx, possiamo nascondere fatti oramai consegnati alla storia di Reggio?
L’altra riflessione che mi viene in mente, ricordando il 18 novembre di venti anni addietro e la sua genesi, e qui mi aggancio alla riunione alla quale ho partecipato, è la seguente.
La stagione nota come la primavera di Reggio nacque non per iniziativa di qualche gruppo di o di qualche singolo che, stando fuori dai palazzi della politica, delle istituzioni e dei partiti, riuscì a far scoccare la scintilla della rivolta morale e civile nella cittadinanza reggina.
Le cose andarono proprio in maniera opposta.
La reazione ad uno stato di cose insopportabile, molto simile a quello attuale ma certamente meno grave, ebbe origine proprio dentro la principale Istituzione cittadina per l’iniziativa coraggiosa, forse stimolata da un pizzico d’incoscienza benefica, di un gruppo di consiglieri comunali che dei partiti erano espressione, affiancati dai componenti del consesso eletti in un movimento civico, Insieme per la città, che da anni lavorava per il cambiamento sul territorio, ma che ebbe modo di incidere profondamente nella politica e nell’amministrazione cittadina solo quando il consenso civile attorno ad esso fu tramutato in consenso elettorale da spendere all’interno del Palazzo.
La fioritura della primavera reggina solo successivamente si allargò all’intera cittadinanza, grazie all’azione del nuovo esecutivo comunale e del sindaco Falcomatà.
Dal Palazzo, dove era nato inglobando anche pezzi sani dell’ancien régime, il cambiamento si espanse, con una forza d’urto irresistibile, a tutti i settori della società, dai quali trasse la nuova linfa necessaria per farlo resistere e per mettere radici profonde, tali da non connotarlo come un fenomeno effimero e transitorio, destinato a perire nell’arco di qualche anno.
In sostanza, in quel caso l’avanguardia, l’élite di leninania memoria, fu rappresentata proprio da un manipolo di temerari che si ribellarono allo status quo e decisero di seppellirlo con una “rivoluzione” dall’alto alla quale in pochi credevano, ma alla quale anche i soggetti reticenti, che stavano, è bene dirlo anche nei partiti in teoria insospettabili come il pds e il prc, si dovettero arrendere cominciando a prendere atto di quel percorso e, solo successivamente, a sostenerlo.
In conclusione, il concetto che voglio esprimere è molto semplice e si basa appunto su dati di fatto.
Va bene, i partiti, e lo dice uno che di recente ha avuto modo di sperimentarlo sulla propria pelle, la politica (non nell’accezione alta e nobile del termine del termine, ovviamente) erano allora e sono molto di più adesso aree minate, inquinate, francamente quasi infrequentabili. Ma, detto questo, bisogna aggiungere che è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio, e considerare politica e partiti una massa indistinguibile tutta da buttare, ivi compresi tutti i soggetti singoli o associati che con essi hanno avuto o hanno a che fare; che non tutto quello che sta fuori da questa massa indistinta si possa, solo per questo e automaticamente, considerare buono e bello, perché i fatti dimostrano che non è affatto così, da ultimo quelli che hanno testimoniato coinvolgimenti di tanta società (in)civile in traffici loschi e in logiche mafiose; che sulle modalità di scelta delle persone, sulle cose da fare, sugli ostracismi (sì, ostracismi!) da pretendere, il discorso deve essere ancorato ad un sano pragmatismo, perché l’insegnamento del 1993 deve servire, se lo si vuole davvero, ad accendere la miccia della rivolta sociale, civile e culturale nella città di Reggio.
Nino Mallamaci
Membro Laboratorio politico Or.Me. – Orizzonti mediterranei