L’aquila e la farfalla.Intervista con Maurizio Molinari

Perchè il XXI secolo sarà ancora americano

1) Cosa vuol dire essere uno Stato leader del mondo: bastano soldi ed esercito?

“No, servono le idee, il soft-power, la capacità di trasmettere e far condividere i propri valori e orizzonti. Ciò che distingue gli Stati Uniti dagli imperi o dalle potenze egemoni che li hanno preceduti è la capacità di esprimere idee, generare innovazioni e promettere speranze capaci di essere universali. Di essere fatte proprie da chiunque. Si spiega così il fatto che l’America resta la nazione verso la quale si dirige il maggior numero di immigrati che, una volta arrivati, si insediano, vogliono integrarsi e prosperare, diventando americani. Come ripete spesso il filosofo francese Bernard Henry Levì l’America è “un credo che tutti vogliono condividere”. E’ ciò che la rende unica. Anche perché tale “credo” si basa su un’idea di libertà personale che, secondo il testo della Dichiarazione di Indipendenza, ha valenza universale”.

2) Non pensa che la vicenda del nucleare iraniano dimostra che sono ancora gli Stati Uniti a dare le carte della politica internazionale: sono loro che aprano all’Iran e non altri paesi.

“Dall’Iran alla Siria, dall’Egitto alla Libia, le mosse compiute dall’amministrazione Obama hanno indebolito il prestigio dell’America con gli alleati come anche il timore da parte degli avversari. Gli Stati Uniti continuano ad essere, come disse Bill Clinton, la “nazione indispensabile” sulla scena internazionale ma la perdita di influenza in Medio Oriente è sensibile. Credo che la ragione sia soprattutto quanto avvenuto in Egitto: Obama prima ha favorito la caduta di un alleato come Mubarak e poi non è riuscito ad evitare il rovesciamento di Morsi, che sosteneva. Ha così proiettato l’immagine di una potenza che non sa proteggere i propri alleati. In una regione turbolente come il Medio Oriente significa invitare altri a prendere il proprio posto. Resta da vedere chi sarà in grado di farlo”.

3) Sul declino americano si è scritto tanto. Negli anni passati erano l’Unione Sovietica o il Giappone a dover superare gli States. Oggi è il turno della Cina. Cosa pensa?

“Penso che non bisogna scambiare l’indebolimento politico dell’amministrazione Obama con il declino dell’America. L’America è, grazie alla sua struttura fedrale, una nazione più forte, energica e prosperosa del suo governo federale. Dall’Information Technology all’indipendenza energetica, dalla società post-razziale alla ridefinizione delle città per proteggersi dal clima estremo, è il ventre dell’America, nelle sue molteplici ramificazioni economiche e sociali, a generare innovazioni e sfide che entrano nelle nostre case. In genere all’estero si parla di “declino americano” ogni volta che un inquilino della Casa Bianca attraversa fasi di debolezza politica. E la tendenza conseguente è di cercare altrove Paesi in grado di superarla. L’errore è confondere il governo di Washington con la nazione americana. Questo perché nella maggioranza dei Paesi l’energia di un governo riassume e riflette quello della propria nazione. L’America invece è diversa. La sua forza indomabile è nei laboratori della West Coast, nei campi agricoli del MidWest, nelle miniere degli Appalachi come nei campi petroliferi del Texas dove una miriade di persone e società, in perenne competizione fra loro, genera prodotti ed idee destinati ad entrare nelle case di tutti noi”.

4) L’ Information Technology è uno dei punti di forza americani come in Israele: è un’alleanza duratura?

“L’Information Technology è uno dei terreni d’incontro con gli altri Paesi che consente all’America di moltiplicare la propria capacità di innovare. Fra i Paesi più capaci di accogliere tale sfida, decisiva per lo sviluppo del nuovo secolo, ci sono al momento Gran Bretagna, Israele e Corea del Sud. E’ la genesi di una nuova dimensione delle relazioni internazionali, destinata a creare nuove dinamiche e alleanze. In ultima istanza, si tratta di una nuova dimensione della libertà personale – l’espressione dei singoli sul web e la protezione dei loro diritti digitali – destinata a mettere a dura prova quei regimi che invece tendono a limitarla”.the book

5) Nel libro parla di un ruolo nuovo e diverso delle minoranze: può chiarirlo?

“La società post-razziale, di cui Barack Obama è espressione, nasce dalla capacità delle minoranze di essere maggioranza numerica e, al tempo stesso, di esprimere i valori della collettività. Obama non ha vinto due presidenziali battendosi per la difesa dei diritti afroamericani, Julian Castro non è stato eletto sindaco di San Antonio grazie all’orgoglio ispanico e Steve Chu non è diventato ministro dell’Ambiente perché campione dell’identità asiatica. Obama, Castro, Chu e molti altri leader – politici e non – in America si affermano non sulla base della propria etnicità ma perché capaci di esprimere valori condivisi da tutti. E’ lo stesso principio in base al quale Andrew Cuomo è stato eletto governatore dello Stato di New York senza fase campagna elettorale sulla base delle proprie origini italiane. Leader e gruppi etnici riescono a emergere incarnando bisogni e valori dell’intera nazione. E’ la fase seguente a quella della sconfitta del razzismo. Una volta battuta la discriminazione, il ruolo delle minoranze è esprimere valori appartenenti a tutti. Se la crescita numerica delle minoranze di ispanici ed asiatici consente di prevedere che entro il 2030 i bianchi saranno stabilmente in minoranza ciò che più conta è che tale processo è accompagnato dalla formazione di una società post-razziale dove l’etnicità diventa sempre più un valore privato, non pubblico”.

6) Resilienza e give back: due concetti cardini degli Stati Uniti. Qual è la loro origine?

“La “resilience” viene dall’eredità dei pionieri, dei coloni, degli esploratori capaci di affrontare ogni sorte di avversità – nemici, animali feroci, carestie, intemperie – riuscendo sempre a risollevarsi. Il “give back” è la gratitudine di chi raggiunge l’”American Dream” e sceglie di condividerne i frutti con la propria comunità di origine, la propria nazione. Sono due aspetti-chiave dell’identità americana. Da un lato la “resilience” spiega la costante capacità di reagire alle difficoltà più terribili, dall’altro il “give back” è l’architrave di un’idea di collettività che condivide i successi dei singoli, se ne giova e dunque li premia”.

7) Perché è un avvincente esperienza crescere i figli nell’ Uupper West Side di New York?

“Perché è un quartiere post-razziale dove le chiese affittano i locali vuoti alle comunità ebraiche, i cristiani comprendono l’yiddish, le coppie miste di asiatici e bianchi abbondano, i bambini sono “color blinded” – non distinguono i neri dai bianchi – e i gay hanno talmente tanti figli da condizionare i curriculum scolastici”.

 

Tonino Nocera

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