di Peppe Giannetto – È riconosciuto: gli italiani, nella loro preponderanza, sono più intelligenti di Beppe Grillo e dei grillini. Se prediligete: più assennati, meno passionali ed anche più concreti. E non è un’impressione: realtàattestata e testimoniata dai numeri. Secondo tutti gli ultimi rilevamenti sondaggistici, il Movimento Cinquestelle guadagnerebbe posizioni nelle intenzioni di voto. Guadagno propagandato, indipendentemente dall’istituto di ricerca che prendiamo in analisi. L’Ispo, per esempio, nelle intenzioni di voto pone Grillo al 22,8 per cento. In parte identici i dati di Emg: 22 per cento, con un guadagno dello 0,3 rispetto alla settimana precedente. Per iXè il M5S sarebbe nientemeno al 25,3, con un più 0.4 rispetto ad una quindicina di giorni prima. Euromedia Research: 25,6 nell’ultimo sondaggio, con una progressione abbastanza impressionante: 22 per cento il 18 ottobre, 22,5 il 27, 22,8 il 4 novembre, 23,3 l’8 novembre e 24,2 il 17. Grillo progredisce e trionfa. È il politico del momento. È stimato, gradito e seguito. A parole, sicuramente si. Se poi dai propositi si passa al voto reale, le cose si modificano e Grillo scivola. Certamente: non approda a percentuali derisorie. Tutt’altro. Ma lo sdrucciolamento c’è. In Basilicata, alle attualissime Regionali, il Movimento Cinquestelle ha totalizzato il 12,17 per cento dei voti, sebbene i sondaggi, parlavano di un Grillo straboccante. Si ribadirà: la Basilicata non è la sua terra. Nondimeno, in Friuli, sempre alle Regionali, Grillo ha raccattato il 13,75, che non si sposta molto dal risultato della Basilicata. Visibilmente, anche il Friuli non è la sua terra. Non è andato in modo migliore a Roma, alle elezioni comunali: 12,43, più o meno nella media degli ultimi sdrucciolamenti o scivolate. E a questo punto bisogna scomodare il Commissario Montalbano e i suoi celebri e popolari indizi. Rammenterete: una traccia è un traccia, due tracce sono una coincidenza, tre tracce fanno una prova. La prova è che gli italiani sono predisposti a seguire Grillo in quantità, si a parole. Poi, nei fatti, incominciano a riflettere e divengono meno grillini. Prima o poi occorrerà fare un sondaggio per comprendere quanto concretamente vale Beppe Grillo dal punto di vista elettorale. Per più adeguatamente dire: facciamo un sondaggio per comprendere come mai il 20 o il 25 per cento manifestato regolarmente si traduce in una perdita netta all’attimo del voto minimo del 10 e passa per cento, che ovviamente non è poco. In attesa del sondaggio, possiamo formulare qualche teoria. Prima teoria. C’è un’Italia che bara, un’Italia che dice di votare Beppe Grillo perché non ha la forza di puntualizzare apertamente tra i i partiti tradizionali, il Pd e il Pdl. Un’Italia che poi, nel segreto dell’urna, scopre la forza di votare ciò che in pubblico ritiene non affidabile. Un’Italia ipocrita. Seconda teoria. A parole si dice Grillo, poi, nella realtà, anche Grillo rimane vittima del disamore, dell’astensionismo, del rigetto delle urne. Come dire: l’antipolitica, quando si accomoda in Parlamento, fatalmente diventa politica e come tale viene trattata dalla vera antipolitica, quella dei votanti, quella di chi non ne può più della Casta. Non è un divertimento o un gioco di parole: è la rappresentazione di un Paese sempre più pessimista. Al tempo stesso, è l’effetto Parlamento, che colpisce Grillo e il M5S così come ha bastonato tutti gli altri partiti. Teoria probabile. Cartina di tornasole: alle recenti Regionali, in Basilicata l’afflusso alle urne è stato del 47,62%. Quindici punti in meno rispetto alle votazioni precedenti. Una caduta rovinosa che non è stata contenuta neanche dalla presenza del Movimento Cinquestelle. Terza teoria. Grillo va bene solo per il Parlamento. Quando dal Parlamento si passa al consiglio comunale o al consiglio regionale va parecchio meno bene. Verosimilmente, a non andare bene sono soprattutto i grillini. Anche questa una teoria credibile. Quarta teoria. C’è un Paese che spera in Grillo. Una nazione che bramerebbe cambiare, migliorare, spazzare tutte le cose che ben conosciamo. Un Paese pensante che sente poi Grillo parlare di reddito di cittadinanza – cioè di uno Stato che consegna soldi a tutti i cittadini e si domanda come Grillo farebbe, dove li troverebbe questi denari. Soprattutto perché dice ste panzane, ste favole insensate ed inattuabili. Un Paese che pur avendo le tasche piene della propaganda dei politici, ma che al volo individua e discerne il populismo di Grillo girandogli le schiene. Questa è l’ipotesi che ci piace di più. Quindi buone nuove dall’Italia concreta. Quella dei sondaggi lasciamola stare. Improbabili ed inattendibili, come la realtà che puntualità conferma.