I fondi pubblici svaniscono e i democratici scaricano sullo Stato i dipendenti in esubero. Epifani all’angolo: da ex sindacalista comunista dovrà liberarsi dei “compagni lavoratori”. E farli mantenere dai cittadini…
Affermare che sono tutti angosciati, nelle sedi del Partito Democratico è una circonlocuzione. Girano cifre bruttissime . Anzi, mostruose. Ma ad angosciare dipendenti e dirigenti del Partito democratico non sono tanto quei sondaggi che assegnano a Renzi l’inevitabile vittoria alle primarie. Quello che preoccupa il partito, sono i numeri usciti (sottoposti alla certificazione della PriceWaterHouse Coopers), da un incontro con il cassiere. È stato Antonio Misiani a comunicare la brutta notizia: compagni, non c’è più un euro. Le vostre paghe sono assicurate fino a luglio 2014. E poi? Se i partiti si metteranno d’accordo sulla riforma del finanziamento pubblico, c’è un emendamento proposto dai deputati pd che, al “ragionevole” costo di 18 milioni per gli anni 2014 e 2015, acconsentirà di estendere la cassa integrazione straordinaria e i contratti di solidarietà al personale delle organizzazioni politiche, si potrà andare avanti. In caso contrario, si salvi chi può. Povero Pd.
Nel 2012, per la prima volta, ha chiuso in rosso. Entrate 37,5 milioni, uscite 45. Conseguenza: un buco di 7,5 milioni. Ovvio, «il deficit è collegato al dimezzamento dei rimborsi elettorali» precisa e chiarisce il resoconto al bilancio. Se nel 2011 il Pd aveva incamerato erogazioni per quasi 58 milioni e nel 2012 ha avuto solo 29 milioni e centesimi, è chiaro che all’appello mancano circa 29 milioni. La catastrofe è ancora più palese se quantifichiamo che proprio i rimborsi elettorali sono, l’unica vera risorsa del Pd. Secondo il tesoriere, «nel 2011 rappresentavano il 91,2 per cento dei ricavi» e consentivano di chiudere i conti in attivo di 3,5 milioni. Ora la cassa piange. E la struttura che Renzi si appresta ad impadronirsi l’8 dicembre economicamente non sta in piedi. I contributi dei parlamentari (4,8 milioni), il tesseramento (3 milioni), le donazioni (408 mila euro) non sono sufficienti neanche a coprire i finanziamenti agli organismi territoriali (pesano per 9,5 milioni). Ma la somma più grossa, che inghiotte circa la metà del bilancio, è per il personale (12,7 milioni) e la comunicazione e propaganda elettorale (quasi 9 milioni). Una folla, eccessive spese, esageratamente tutto: 198 i dipendenti al 31 dicembre 2012, di cui 17 giornalisti (un direttore, 8 capiredattori, 1 vicecaporedattore, 2 vicecapiservizi e 5 redattori), 165 amministrativi a tempo pieno più 4 part-time, 5 autisti a tempo pieno, 13 collaboratori. Per non dire dei dirigenti e dei 12 membri della segreteria le cui retribuzioni, ammontano a 3.500 euro al mese più vitto e alloggio per i non romani, unitamente ai 90 mila euro lordi all’anno per Zoia Veronesi, capo della segreteria di Pier Luigi Bersani; ai 5 mila al mese per Antonella Trevisonno, dirigente dell’amministrazione.
A dare queste cifre si sussurrò all’epoca, erano stati i renziani. Chiare le posizioni, favorevolissimo, Renzi, all’abolizione del finanziamento pubblico, sono contrari i bersaniani e i cosiddetti giovani turchi, appoggiati e sostenuti dallo storico tesoriere dei Ds, il dalemiano Ugo Sposetti.
Ma voi come valuteresti un’azienda che, di questi periodi, ingrossa «l’investimento per risorse umane approssimativamente del 300 per cento e in 3 anni» e porta «da 4 milioni nel 2008 a 12 milioni nel 2010 il bilancio riservato ai dipendenti?» ha chiesto il renziano Gabriele De Giorgi, il primo a indirizzare il dito sulla spesa dell’apparato. E lì è iniziata la guerra : incartamenti e contro-dossier su rimborsi spese, indennità di viaggio, trasferimenti, spese di alberghi e ristoranti…Concisamente. Fin dal 2012 Misiani aveva tritato le spese del 25 per cento. Nel 2013 è scattato il segnale di pericolo rosso: chiuse le sedi di via del Tritone, ecco i tagli a servizi , «limitazioni per viaggi, rimborsi, hotel, autoveicoli». Si è approfondito «il budget per l’attività politica». Si sono frenati gli straordinari, si sono « sistemati all’esterno un’ampia porzione di dipendenti in organico al Pd nazionale». Traduzione? Con le elezioni 2013 molti dirigenti bersaniani come Nico Stumpo o Davide Zoggia, il primo responsabile dell’organizzazione, il secondo responsabile degli enti locali, sono stati eletti in Parlamento e i loro stipendi sono transitati a carico della comunità. Altri sono stati posteggiati nei gruppi parlamentari; altri negli uffici stampa o nelle segreterie dei membri di governo . Ma i conti sono sempre terribili.
Il tesoriere Misiani, relazionando l’ha anche messo nero su bianco: l’organizzazione va ridimensionata. Il Partito Democratico così com’è non si regge più. Renzi lo sa e lo conosce benissimo.
E ha già una scusa in tasca per «asfaltare» anche l’apparato.
(PepGiann)
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