Si tratta di una delle forme di disagio, appartenente alla sfera dei disturbi alimentari, che sta prendendo, sempre più piede, nel mondo occidentale. A dimostrarlo è il fatto che se, in passato, veniva considerata, come una patologia prettamente riservata al mondo femminile, dell’ età adolescenziale, ad oggi invece, sono aumentati i casi di insorgenza precoce e tardiva, inoltre non sono pochi i casi di soggetti maschili affetti da disturbi alimentari. La caratteristica più evidente del disturbo, è il rifiuto per il proprio corpo, considerato sempre troppo grasso o deforme, e il tentativo, da parte della persona di perdere continuamente peso, attraverso delle forme di restrizione alimentare, che possono riguardare la diminuzione delle porzioni di cibo fino al saltare completamente i pasti, o con condotte di eliminazione che si verificano, in genere, in seguito a delle abbuffate e che possono riguardare il vomito autoindotto, l’uso inappropriato di lassativi o ore di sport estremo. Nonostante questi comportamenti, l’immagine che rimanda lo specchio è sempre quella di un corpo inadeguato, che mantiene, quindi, una certa insoddisfazione e un rifiuto per se stesse. Ma è davvero il rapporto con il cibo, il problema principale della personalità anoressica? No. In realtà il rifiuto per il cibo potrebbe essere considerato come la conseguenza di un disagio più grande. Dietro, l’insoddisfazione per il proprio aspetto e il tentativo di perfezionarlo, infatti, si cela una grande sofferenza che ha radici ben più profonde, che originano dal connubio di diversa fattori. Primo fra tutti, il tipo di relazione genitoriale, in particolare con la figura materna. Questo legame è, in genere caratterizzato da confini labili, dove molto spesso le madri, inconsapevolmente, proiettano sulle figlie i propri desideri di grandiosità, che si concretizzano nell’ avere delle aspettative molto alte rispetto alle reali capacità delle figlie. Un’altra caratteristica è la forte dipendenza della madre nei confronti della figlia, che vorrebbe vedere sempre come una piccola creatura di cui prendersi eternamente cura. Questo bisogno, interferisce con il normale raggiungimento dell’autonomia. Più in generale, il nucleo familiare, appare desideroso di riconoscimento sociale e tenta in ogni modo di dare un’immagine perfetta di sé. Voti scolastici, arredamento della casa, cura del proprio aspetto e tutto ciò che contribuisce all’immagine esteriore, appare di vitale importanza.
Queste dinamiche e caratteristiche, appartengono a famiglie delle tipiche società occidentali, in cui domina il mito della magrezza come simbolo di successo. Nella nostra società, infatti, chi è magro non solo viene considerato più bello, più ammirato e amato, ma anche più efficiente e produttivo. Il messaggio che rimanda il mondo occidentale, quindi, è che chi è magro è anche più bravo quindi ha un valore superiore come persona. L’associazione tra dinamiche familiari invischiate e la cultura della società occidentale, potrebbe, quindi, generare una personalità fragile e insicura che non riesce a definire una propria identità. Il bisogno di una propria autonomia, il non riuscire a soddisfare pienamente le aspettative genitoriali o il sentire di non avere un corpo adeguato alle richieste sociali, può far scatenare nella giovane sentimenti di ansia e depressione, senso di angoscia e tentativo disperato di appropriarsi di una propria identità e di decidere per sé. Questi vissuti, potrebbero portare a sviluppare sentimenti di inadeguatezza e senso di incapacità nella gestione della propria vita. Da qui, potrebbe nascere il bisogno di esercitare un controllo, su un aspetto della propria esistenza che è quello fisico. Il riuscire a dominare i morsi della fame, il vedere la bilancia segnare un peso di giorno in giorno inferiore, sono tutti segnali interpretati dall’anoressica come una forma di successo che l’aiutano ad allontanare il senso di fallimento che la pervade. Alla luce di tutto ciò, è chiaro come sia fondamentale aiutare queste giovani ad uscire dal tunnel dell’anoressia. Raggiungere questo obiettivo non è facile, non bisogna infatti sottovalutare il fatto che una volta entrata in questo tunnel, la ragazza anoressica fa di tutto per rimanerci, in quanto il continuo calo ponderale e il controllo esercitato sul cibo diventano motivo di orgoglio e dimostrazione di forza. Il lavoro da fare, con queste pazienti è quello di far acquisire una propria identità, partendo dal ridimensionamento dei rapporti con i genitori e la conquista di una propria autonomia, proseguendo con il rafforzamento di una personalità sana che possa permettere di superare l’ossessione per il cibo e la paura estrema d’ingrassare e dare spazio nella loro vita a interessi differenti da questi. Tutto questo permetterà di ristabilire un rapporto più adeguato con lo specchio e guardandosi, vedere, finalmente, un’immagine che piace. Di seguito, vorrei riportare, il” Decalogo Pro-Ana (anoressia)”, per permettere di osservare più da vicino il mondo dell’anoressia. La lettura di queste “regole” mi porta a riflettere sull’ importanza della diffusione di programmi di prevenzione, che possano contribuire ad evitare l’insorgenza della malattia.
I 10 Comandamenti:
1) Se non sei magra, non sei attraente; 2) Essere magri è più importante che essere sani; 3) Compra dei vestiti, tagliati i capelli, prendi dei lassativi, muori di fame, fai di tutto per sembrare più magra; 4) Non puoi mangiare senza sentirti colpevole; 5) Non puoi mangiare cibo ingrassante senza punirti dopo; 6) Devi contare le calorie e ridurne l’ assunzione di conseguenza; 7) Quello che dice la bilancia è la cosa più importante; 8)Perdere peso è bene, guadagnare peso è male; 9) Non sarai mai troppo magra; 10) Essere magri e non mangiare sono simbolo di vera forza di volontà e autocontrollo.
Dott.ssa Antonella Mento, psicologa