Roma, 6 agosto 2013
Risoluzione in VII Commissione
Il Senato, premesso che:
– Sibari era una delle polis più famose del mondo antico. Fu la prima colonia fondata dai greci sulle coste dell’Italia meridionale nel 720 a.C. Un secolo dopo la fondazione, Sibari controllava gran parte dell’entroterra calabro-lucano, mentre verso la metà del VI sec. a.C., incorporò tutto il territorio compreso tra l’Agri e il Sinni. Già nel corso del VII Sec. a.C. era arrivata sulla costa tirrenica dove aveva creato gli scali portuali di Laos e Scidro, nel Golfo di Policastro. L’espansione sibarita raggiunse il culmine attorno al 570 a.C., come tramanda Erodoto: la città dominava su quattro popoli e venticinque città, in un territorio vasto tremila chilometri quadrati, popolato da 300.000 abitanti;
– l’area archeologica che ne conserva le vestigia, si estende per 168 ettari e si trova a 25 km della strada statale 106 Ionica, sulla riva sinistra del fiume Crati. Di questa vasta area, meno del 10% è stata interessata da campagne di scavo, da cui è emerso che l’area archeologica è interessata dalla sovrapposizione delle tre città: Sybari arcaica, Thurii e Copia, colonia latina risalente al 194 a.C. Gli scavi fin qui condotti hanno portato alla luce essenzialmente la fase romana della città di Copia, più superficiale e consistente, ma i saggi in profondità hanno evidenziato la sovrapposizione delle tre città;
– allo stato attuale, tra i ritrovamenti più rilevanti, ci sono: una grande Plateia lunga 350 metri e larga 13; i resti del Teatro Romano (50 d.C.); terme e tabernae di epoca romana; una grande domus con pavimenti a mosaico in opus sectile; una domus con vano decorato a mosaico con tessere bianche e nere; sotto il pavimento a mosaico di Copia si intravede una struttura muraria in ciotoli di fiume di Thurii, un pozzo circolare e crolli di tegole databili VIII-VI sec. a C. di Sybaris. Inoltre, da quest’area archeologicaprovengono il famoso Toro Cozzante di Thouroi, bronzo del V sec. a.C. e il pettorale in lamina d’oro decorata a sbalzo, testimonianza della ricchezza dei sibariti;
– nonostante i fasti del passato e i ritrovamenti archeologici di tale rilevanza, l’intera area non è stata mai sufficientemente valorizzata e gli scavi non possono continuare per mancanza di fondi. Testimonianza della scarsa considerazione da parte delle istituzioni, l’area è visitabile gratuitamente, senza biglietto di ingresso;
– ciononostante il Parco Archeologico di Sibari è rientrato nel Progetto pilota strategico “Poli museali di eccellenza nel Mezzogiorno”, Mumex, promosso dal MIBAC e dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica (DPS), con l’obiettivo di potenziare l’offerta museale di un gruppo selezionato di musei e aree archeologiche del Mezzogiorno. Nello specifico, per il Polo di Sibari sono previsti 12 interventi, del valore complessivo di 23 Milioni di euro, di cui, da notizie informali apprese presso gli Uffici Regionali Competenti, risulterebbero cantierabili interventi per complessivi 14,5 milioni di euro;
– lo scorso 18 gennaio il fiume Crati ha rotto l’argine esondando e sommergendo sotto centinaia di migliaia di metri cubi di acqua e fango l’intero Parco archeologico. Secondo le valutazioni della protezione Civile Regionale e dei tecnici provinciali e comunali, la rottura dell’argine e l’esondazione sono riconducibili alla debolezza degli argini, la mancata cura dell’alveo e l’insabbiamento della foce, quindi a precisi fattori strutturali, nonché alla presenza di coltivazioni non autorizzate nella golena del fiume, per le quali è in corso una verifica di legalità;
– per la sistemazione idraulica del fiume è previsto un intervento di 4 milioni di euro di competenza del Commissario Straordinario per il rischio idrogeologico ed un altro intervento di 1 milione di euro messo a disposizione dalla Provincia di Cosenza, che complessivamente interessano un tratto di circa 2,5 km su una lunghezza complessiva di 91 km; si evidenzia che la foce del Crati è Riserva Naturale e, quindi, sito di interesse comunitario (area SIC), che è necessario salvaguardare con un urgente intervento di disinquinamento;
– per il ripristino della fruibilità del Parco, invece, sono stati stanziati 300 mila euro da parte del MIBAC, per il superamento della fase di grave emergenza, finalizzato al ripristino degli impianti di pompaggio, delle relative cabine elettriche e all’aspirazione mirata dello strato superficiale di fango. Risorse evidentemente insufficienti per il recupero dell’intero sito, che rischia di essere fortemente danneggiato dal fango essiccato. Secondo una stima della Sovrintendenza Regionale il costo globale degli interventi necessari si aggirerebbe intorno ai 5 Milioni di euro,
impegna il Governo a trovare soluzioni efficaci affinché:
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il Parco Archeologico possa tornare alle condizioni pre-alluvionali;
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si intervenga in forma definitiva sugli argini del Crati per evitare che si possa riverificare una tale devastazione;
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si possano proseguire gli scavi;
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si valorizzi debitamente il sito archeologico, contribuendo alla crescita economica e sociale dei territori coinvolti.
SEN. RICCARDO NENCINI
Ufficio Stampa Psi