Il governatore Scopelliti, in conferenza stampa assieme ad Arena, annuncia che la legge regionale, che consente ai comuni di destinare i proventi della dismissione del patrimonio edilizio residenziale al ripiano dei disavanzi, consentirà di non dover innalzare la tassazione locale ai massimi previsti. Subito dopo i vertici locali del Pd denunciano che l’aumento della tassazione locale non è alternativa alla dismissione immobiliare, essendo obbligo degli enti in pre-dissesto o in dissesto aumentare i tributi locali. Siamo alle solite, mezze verità e verità che, illustrate in modo parziale, confondono più che tranquillizzare il cittadino. Infatti molti piani di riequilibrio, come quello del nostro comune, basano il rientro sull’aumento delle imposte locali, piuttosto che sui proventi della dismissione immobiliare, dato che, in un primo momento ed almeno sino alla delibera 14/2013 di Corte Conti a sezioni riunite, era sembrato che dette entrate non potessero essere destinate al riequilibrio. Due fatti successivi hanno invece chiarito che i piani di riequilibrio possono essere costruiti puntando sui proventi immobiliari, da un lato la legge regionale, oggetto del contendere, dall’altro la delibera di Corte Conti sopra citata. Ora, come affermano alcuni Consiglieri regionali del Pdl, è vero che, per gli enti che hanno adottato la procedura di riequilibrio, l’aumento dei tributi locali è una facoltà, piuttosto che un obbligo (art. 243 bis, comma 8, lettera a, del tuel). Ma è altrettanto vero che l’ente locale, in procedura di riequilibrio, può accedere al relativo Fondo di rotazione soltanto a condizione che si sia avvalso della facoltà di deliberare le aliquote o tariffe nella misura massima prevista (art. 243 bis, comma 8, lettera g, del tuel). I comuni che hanno deliberato la procedura di riequilibrio hanno richiesto l’erogazione del Fondo di rotazione, d’altro canto come avrebbero potuto fare altrimenti, data la cronica carenza di liquidità ed il costante ricorso alle anticipazioni di cassa, e quindi hanno dovuto obbligatoriamente aumentare tariffe e tributi locali. Ecco allora che i proventi della dismissione immobiliare, se spendibili, come spendibili (peraltro gli atti del Consiglio comunale reggino testimoniano che il sottoscritto è sempre stato di questo avviso) per il riequilibrio, non sono alternativi direttamente all’aumento della pressione fiscale locale. Lo diventano indirettamente, infatti se la dismissione del patrimonio immobiliare fosse velocizzata, i relativi proventi consentirebbero di chiudere in netto anticipo, rispetto al decennio preventivato, la procedura di riequilibrio, in tal caso consentendo di intervenire sulla fiscalità locale, anche al ribasso ove fosse necessario. Il problema vero allora non è la possibilità di diminuire la pressione della fiscalità locale. Abbiamo visto che è possibile nel momento in cui si chiude anticipatamente la procedura di riequilibrio e si restituisce il fondo di rotazione. Il problema vero è far ripartire le procedure di dismissione, al momento bloccate, sia per l’iniziale dubbio circa la legittimità di utilizzo dei proventi, che qualcuno ha seminato fra i Commissari, sia per il rilento con cui gli uffici, avendo revocato alla Sati l’incarico, stanno procedendo. Procedure, quindi, che bisogna al più presto riavviare sia per accelerare il percorso del riequilibrio, consentendoci in futuro di pagare meno tasse locali, sia per “rogitare” con gli aventi diritto che hanno, in alcuni casi, addirittura già versato l’intero corrispettivo dovuto, sia per eliminare dal bilancio comunale l’incidenza delle manutenzioni e delle quote di locazione inesigibili.
Enzo Cuzzola