L’Anci (Associazione dei comuni italiani), finalmente risvegliatasi da un lungo torpore, indirizza un grido di allarme al Governo col il quale denuncia che, dopo il lunghissimo periodo di costante riduzione di risorse ed autonomia per gli enti locali, questi ultimi ormai sono al capolinea: “continuare a ridurre le risorse a disposizione dei Comuni significa compromettere l’erogazione di servizi fondamentali e la capacità stessa delle Amministrazioni di ottemperare al vincolo dell’equilibrio di bilancio”. Prosegue poi sostenendo che “non sfugge naturalmente agli Amministratori Locali che le ragioni prime di tale dinamica sono la crisi economica, l’alto indebitamento dello Stato, i vincoli di bilancio imposti dai patti europei. E proprio perché consapevoli di tutto ciò Sindaci e Amministratori non si sono sottratti al dovere di concorrere al comune sforzo di risanamento finanziario dello Stato, ottemperando anzi a impegni nettamente superiori al contributo fornito da ogni altro livello istituzionale. La riduzione di trasferimenti è ormai ad un punto di rottura e contemporaneamente non vi è alcuna certezza che ai Comuni sia riconosciuta quell’autonomia fiscale necessaria a evitare il collasso. Significativo e allarmante il fatto che il dibattito sull’IMU avvenga senza alcuna credibile proposta sulla fiscalità locale e senza alcun coinvolgimento dei Comuni, titolari primi del tributo. Si è usurata l’efficacia del Patto di Stabilità che, da strumento convergenza, si è trasformato in una prigione che ha mortificato ogni capacità di investimento, al punto che ormai molte città non sono in grado neanche di assicurare le manutenzioni ordinarie. Non solo i Comuni sono stati destinatari di continui tagli, ma anche di continue prescrizioni ordinamentali fondate su un’esasperante formalismo giuridico, senza alcun concreto rispetto delle conoscenze e dell’esperienze di chi concretamente amministra ogni giorno un Comune”. Che lo stato dell’arte nei comuni sia da grido di allarme lo andiamo ripetendo da tempo, sia gli esperti di settore, sia le maggiori testate nazionali. Speriamo che finalmente l’allarme lanciato da Anci sia, almeno, posto all’attenzione dell’Agenda del Governo. Bisogna intervenire urgentemente e “sapientemente” sulla normativa inerente il Patto di stabilità, rispettando si i vincoli e gli impegni assunti in sede comunitaria, ma in modo intelligente e senza scaricare tutti gli obblighi sugli enti locali. Bisogna in qualche modo ripristinare i trasferimenti o pensare ad una vera e propria fiscalità locale alternativa.Ma bisogna anche che i comuni prendano atto della “congiuntura” attuale del fatto che non ci sono più in giro vacche grasse ed imparino a gestire le poche risorse in modo efficiente. Anche il semplice cittadino, da tempo, si è accorto che la spesa locale, spesso, produce solo se stessa. Come si è accorto che gli enti locali, spesso, vivono in assoluta “disorganizzazione”, come macchine alla deriva, senza controllo, senza obiettivi, senza offrire alcun contributo alle comunità locali sia in termini di servizi sia in termini di sviluppo. Nei giorni scorsi ho intercettato al bar la conversazione di due anziani, che potrebbe essere la sintesi di questa impressione: “Con l’immissione della liquidità arrivata nelle città, grazie al decreto sblocca pagamenti, si potrebbe sperare in una, sia pur piccolissima, spinta per la messa in moto della economia locale asfittica. Ma i cittadini lamentano i ritardi nella gestione delle pratiche edilizie, lamentano ritardi nelle operazioni di dismissione del patrimonio per dirne solo alcune”. Senza un vero e serio intervento sulla “organizzazione” degli enti locali, in scarsezza di risorse, siamo alla frutta.
Enzo Cuzzola