Tares: un aborto fiscale che desta preoccupazione

tares34Con l’avvento della Tares, il costo per la gestione del ciclo dei rifiuti viene trasferito, interamente, al cittadino contribuente. Infatti, se in passato, in regime di Tarsu, era possibile socializzare una quota dei costi al bilancio comunale, oggi, in regime Tares, ciò non è più possibile. Come non è più possibile non pretendere, in bolletta, la copertura totale, cioè al 100% di detti costi. Per cui i comuni devono dapprima calcolare, attraverso al elaborazione del pef (piano economico finanziario) i costi del servizio, includendovi anche una quota parte di costi generali e, soprattutto, anche i costi per l’insoluto, cioè per quella quota di tributo che non sarà mai riscosso; poi devono, nel calcolare le tariffe, fare in modo che queste coprano l’intero costo del servizio, come determinato, appunto attraverso il pef. Due fattori quindi renderanno le tariffe della tares particolarmente pesanti, rispetto a quella tarsu: l’obbligo di copertura anche di costi generali e l’obbligo di trasferire il 100% del costo al contribuente. Quindi una semplice partita di giro, direbbe qualcuno, per cui il costo del servizio è interamente coperto dalla utenza. Da qui scaturisce la nostra prima preoccupazione, che nasce dalla esperienza, in tema di bilanci e gestione degli enti locali. E’ ormai noto a tutti che gli enti locali hanno, sempre, prestato scarsa attenzione al monitoraggio dei costi dei servizi erogati. Non per nulla, anche recentemente, il Legislatore è dovuto ritornare sul tema del controllo di gestione, con il decreto legge 174/2012. E’ ormai noto a tutti che il costo di alcuni di questi servizi (smaltimento, idrico, pubblica illuminazione), nei bilanci degli enti locali, è, enormemente, lievitato negli ultimi anni, confermando la scarsa attenzione di cui si diceva sopra. Ecco allora la preoccupazione, se i comuni hanno sempre prestato scarsa attenzione al costo dei servizi, anche quando questa incideva, sia pure in parte, sui propri bilanci, figuriamoci adesso che sarebbe una semplice partita di giro. Ma non basta, ecco emergere, infatti, una ulteriore preoccupazione. I nostri comuni hanno sempre prestato scarsa attenzione alla riscossione. Anche quando non c’era una “congiuntura” economica sfavorevole. Adesso le regole Tares prevedono che la mancata riscossione diventi un costo che si va ad aggiungere al pef (cioè al costo complessivo del servizio) per essere poi spalmato su tutti i contribuenti corretti. Ma oltre alla scarsa attenzione alla riscossione, i nostri, hanno sempre dimostrato scarsa attenzione anche al tema del recupero della evasione tributaria: basta pensare che la finanziaria per il 2005, nell’ormai famoso comma 340, prevedeva il recupero a tassazione di almeno l’80% della superficie catastale e che pochissimi enti se ne sono curati. Ecco prendere corpo pesantemente la seconda annunciata preoccupazione: il contribuente corretto pagherà anche il costo prodotto per smaltire i rifiuti degli evasori totali e di quelli che pur non essendo evasori totali, comunque non pagano. Cosa fare allora? Noi cittadini contribuenti vigilare, grazie agli strumenti oggi concessici dalla Amministrazione Aperta, che come più volte da me ripetuto, anche da queste pagine, oggi rendono “trasparenti” oltre che l’organizzazione anche l’attività dell’ente. Rilevare ed evidenziare poi gli eventuali sprechi o indici di cattiva gestione, confrontando le tariffe anche con quelle dei comuni vicini o simili. I comuni devono, dal canto loro, attivare tutte le misure di monitoraggio di efficacia, efficienza e, soprattutto, economicità del servizio, evitando gli sprechi e recuperando efficienza. Al Legislatore, infine, il compito più importante, rivedere questo sistema di tassazione della casa e dello smaltimento, che, lungi dal realizzare il federalismo, ha solo realizzato un “aborto” fiscale.

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