Corte di Strasburgo condanna l’ergastol​o. Eroi: “Sentenza, grande segnale di civiltà e rispetto per la dignità della persona”

L’Europa si pone al passo coi tempi nella salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo e, ancora una volta, “obbliga” teoricamente i Governi a rivedere la legge. La Corte di Strasburgo ha stabilito che le condanne a vita sono compatibili con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, se e solo se per il recluso risulta prevista almeno una possibilità di liberazione o di revisione. La sentenza 3896 emessa il 9 luglio scorso sul caso Vinter in Regno Unito, sentenza passata con amplissima maggioranza (sedici voti contro uno) e che di certo farà molto discutere, dà un duro colpo all’istituto dell’ergastolo stabilendo che il fine pena mai, il cosiddetto ergastolo ostativo, è una pena che viola le norme dei diritti umani europee. La pronuncia, nel dettaglio, è stata emessa nell’ambito di una controversia sorta in Gran Bretagna dalla vicenda di tre detenuti secondo i quali la loro “prigionia a vita era equiparabile ad un trattamento inumano e degradante, non avendo alcuna speranza di liberazione”. Questa sentenza è un grande segnale di civiltà e di rispetto per la dignità della persona ed è giusto ricordare che nella maggior parte degli Stati europei, è prevista una revisione delle condanne a vita dopo un determinato periodo, di solito venticinque anni di carcere. Dopo aver scontato la pena, il detenuto secondo lo spirito della Costituzione, dovrebbe essere inserito in un sistema finalizzato alla rieducazione e al recupero e su questo, insieme alla Lidu onlus diretta dal presidente Alfredo Arpaia, abbiamo sinergicamente sensibilizzato i vertici istituzionali sull’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo. La Corte di Strasburgo con questa sentenza non solo impone la necessità di un’attenta rilettura dell’articolo 27 della nostra Costituzione, dove si prevede il dovere di riabilitare per il reinserimento nella società, e non solo di punire, ma non tradisce lo spirito europeo per il quale anche dall’Italia lottiamo ogni giorno in Consiglio d’Europa. Per questo, in collaborazione con la Lega italiana diritti dell’uomo, durante tutto lo scorso anno abbiamo portato negli istituti di pena calabresi il film “Cesare deve morire” dei fratelli Taviani. Un evento che è servito ad aprire una speranza nell’animo dei tanti detenuti della mia Regione perché fa intravedere un futuro diverso. Tra i protagonisti, c’è Sasà Striano che proprio in carcere ha cambiato la sua vita: ha conosciuto la cultura ed il teatro ed è diventato un attore affermato, cambiando per sempre la sua vita. Una possibilità che non è concessa agli ergastolani ostativi come Carmelo Musumeci, che da tempo definisce il fine pena mai una “pena di morte viva’”e gli ergastolani “uomini ombra”. Chi commette un reato deve espiare la sua colpa in carcere ma qui raramente si può avere un trattamento rieducativo, dato il carattere criminogeno delle carceri. Sarebbe opportuno quindi, pensare al superamento dell’equazione pena-carcere. L’idea rieducativa dovrà guidare il giudice e prima ancora il legislatore nelle scelte di altre sanzioni penali che meglio di quelle detentive possono in certi casi realizzare le finalità scritte nella Costituzione.

Il presidente del Consiglio Provinciale, – Rappresentante italiano per Comuni,

Province e Regioni al Consiglio d’Europa – Antonio Eroi

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