Vilipendio alla Nazione

Bandiera Italiana06\06\2013 – Ai sensi dell’art. 291 del Codice Penale “Chiunque pubblicamente vilipende la nazione italiana è punito con la reclusione da uno a tre anni.” Con tale articolo il legislatore mira, quindi, a salvaguardare il prestigio della Nazione italiana, intesa, non come “istituzione costituzionale”, ma nel concetto più ampio di “comunanza” di origine territoriale, storica, linguistica e culturale, cioè comunanza di tutti quegli elementi che, insieme, costituiscono il “Popolo”.  La Sentenza n. 28703713 della Corte di Cassazione, I° Sezione Penale, ha ravvisato gli estremi del predetto reato di vilipendio alla Nazione nell’offesa che un anziano ha rivolto al nostro Paese nel corso di un controllo dei Carabinieri che lo avevano fermato alla guida della sua autovettura, contestandogli il malfunzionamento del faro dell’automobile.  Nel giudizio di merito di I° grado l’uomo si era difeso ritenendo il suo “sfogo”, peraltro manifestato pubblicamente, espressione del suo “diritto alla libera manifestazione del pensiero”, ma la Corte d’Appello prima e la Suprema Corte poi, sono state di diverso avviso; in particolare, gli Ermellini hanno ritenuto che l’atteggiamento dell’uomo “integra il delitto di vilipendio previsto dall’articolo 291 c.p., sia nel profilo materiale, per la grossolana brutalità delle parole pronunciate pubblicamente, tali da ledere oggettivamente il prestigio o l’onore della collettività nazionale, sia nel profilo psicologico, integrato dal dolo generico, ossia dalla coscienza e volontà di proferire, al cospetto dei verbalizzanti e dei numerosi cittadini presenti sulla pubblica via nel medesimo frangente, le menzionate espressioni di disprezzo, a prescindere dai veri sentimenti nutriti dall’autore e dal movente, nella specie di irata contrarietà per la contravvenzione subita, che abbia spinto l’agente a compiere l’atto di vilipendio”. Secondo i Giudici di legittimità, infatti, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, seppure legittimo e costituzionalmente garantito, non può, comunque, sfociare “in offese grossolane e brutali prive di alcuna correlazione con una critica obiettiva”, a prescindere dal fine o dal movente che ha mosso l’autore del fatto a vilipendere la Nazione. Pertanto, a parere insindacabile degli Ermellini, ad integrare il reato p. e p. dall’art. 291 C.P. è sufficiente volgere al nostro Paese espressioni di disprezzo o di ingiuria tali da ledere il prestigio e l’onore della Nazione, intesa come “collettività nazionale”, e che tali offese e tali ingiurie vengano manifestate pubblicamente, come nel caso di specie alla presenza di Pubblici Ufficiali e Cittadini, essendo la “pubblicità” dell’offesa uno degli elementi costitutivi del reato.

Avv. Antonella Rigolino

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