“Il meccanismo di Antikythera: eredità del genio di Archimede?” – Prof. Daniele Spadaro – INAF – Osservatorio Astrofisico di Catania
Era Pasqua del 1900 quando un gruppo di pescatori di spugne fu costretto a fermarsi sull’isola di Antikythera, nel Peloponneso meridionale, a causa del mare agitato. Casualmente, nel corso di un’immersione, il sommozzatore greco Elias Stadiatos, a circa cinquanta metri di profondità, scoprì il relitto di una nave cargo. Furono le statue che giacevano sul fondo del mare che destarono la più viva impressione su di lui. Il carico della nave, di beni di lusso, includeva anche gioielli, ceramiche, arredi raffinati, oggetti di bronzo databili al I secolo a.C. Ma il più importante ritrovamento si provò essere una serie di piccoli globi corrosi e verdi: i resti di un elaborato marchingegno meccanizzato, un piccolo calcolatore. Il meccanismo di Antikythera, com’è ora definito, recava scritte sulla superficie esterna ed un complesso assemblaggio di ruote e ingranaggi di bronzo all´interno. La radiografia ai raggi-X dei frammenti, che ha evidenziato la presenza di 30 separati e distinti meccanismi, portò l´anziano Derek Price, uno storico della scienza all´Università di Yale, a concludere che tale congegno dovesse essere un computer astronomico capace di prevedere la posizione del Sole e della Luna nelle case dello zodiaco ad ogni data stabilita. I greci credevano in un universo geocentrico e spiegavano il moto degli oggetti celesti usando modelli complessi basati su epicicli e deferenti. Sono state trovate prove che il meccanismo di Antikythera sarebbe stato in grado di riprodurre accuratamente il moto del Sole e della Luna, usando un modello epiciclico elaborato da Ipparco, e dei pianeti Mercurio e Venere, usando un modello epiciclico elaborato da Apollonio di Perga. Questi modelli, che precedono il meccanismo, sarebbero stati successivamente elaborati da Claudio Tolomeo. Una nuova analisi suggerì che il meccanismo fosse ancora più sofisticato di quanto originariamente ritenuto, e rinforzò la prova a sostegno di un´antica tradizione greca di un complesso meccanismo tecnologico. Esistono del resto antiche fonti che si riferiscono a simili macchinari. Cicerone, scrivendo nel I secolo a.C., menziona uno strumento “recentemente costruito dal nostro amico Poseidone, che ad ogni rivoluzione riproduce lo stesso moto del Sole, della Luna e dei cinque pianeti”. Anche Archimede riferisce di avere avuto un piccolo planetario, e due simili macchinari si dice siano stati trovati a Siracusa, quando la città cadde nel 218 a.C. Forse dobbiamo accomunare il meccanismo di Antikythera con le invenzioni di Erone di Alessandria (I secolo d.C.) che nel suo trattato “Pneumatica” descrive, per esempio, un distributore automatico dove, introducendo una moneta da cinque dracme, veniva versata una quantità prefissata di liquido. La scoperta di questo singolo oggetto è sufficiente per modificare radicalmente le nostre idee sulla civiltà classica e smentire definitivamente il luogo comune sul disprezzo dei Greci per la tecnologia. Quale immagine dunque dobbiamo farci di una civiltà, quella ellenistica, che ha potuto produrre manufatti di tale complessità? Di questo parlerà il prof. Daniele Spadaro nella conferenza che si terrà venerdì 31 maggio 2013 al Planetario provinciale Pythagoras di Reggio Calabria alle ore 21.00. A conclusione della conferenza, se le condizioni meteorologiche lo consentiranno, sarà possibile effettuare l’osservazione del Cielo visuale e con gli strumenti a cura dello Staff del Planetario. Dopo l’opposizione dello scorso 28 aprile e con gli altri pianeti poco o per nulla visibili per la loro vicinanza prospettica al Sole, Saturno, il “Signore degli Anelli”, in questo periodo monopolizza l’attenzione degli innamorati del cielo. Il pianeta è ancora osservabile praticamente per tutta la notte, inizialmente a Sud-Est e culmina a Sud nelle ore centrali della notte. Saturno continua a muoversi di moto retrogrado, fino a lasciare la costellazione della Bilancia per rientrare in quella della Vergine. Siamo già prossimi al solstizio d’Estate (21 giugno) e già nel cielo comincia a non esserci più traccia delle costellazioni invernali, ad eccezione dei Gemelli e dell’Auriga che, subito dopo il tramonto, ci mostrano ancora le loro stelle principali:la coppia formata da Castore e Polluce e la brillante Capella, prima che vengano “inghiottite” dalle luci all’orizzonte. A Sud troviamo le costellazioni primaverili: il Leone, che ogni giorno che passa volge sempre più verso l’orizzonte ovest. Ad Est le tre stelle brillanti: Vega, Deneb ed Altair che formano il grande triangolo estivo ci accompagneranno per tutta l’estate. Possiamo già approfittare per osservare al telescopio: la stella Albireo, che rappresenta la testa del Cigno, una bellissima doppia; la nebulosa planetaria M57 nella costellazione della Lira; l’ammasso globulare M13 nella costellazione di Ercole.
c.s.