La crisi ha colpito in maniera profonda anche il mondo del calcio. Il campionato italiano, che tra gli anni ottanta e novanta, era meta ambita dei più grandi calciatori di ogni paese, da qualche anno vive momenti di grandissima difficoltà. Ed allora, se non si riesce ad arrivare ai campioni, si prova a costruirli in casa, tentando di scopiazzare modelli di società europee che adottano questo tipo di filosofia da sempre. La valorizzazione dei propri settori giovanili e la speranza che da quel contenitore vengano fuori i campioni del futuro. Ma non è così semplice. A spiegarcelo è il responsabile del settore giovanile del Bari Giuseppe Geria, già direttore sportivo di Barletta, Pergocrema e con un passato anche alla Reggina.
D) Tutti oggi parlano di settore giovanile. Ma come si costruisce un vivaio di valore, cosa serve?
R) Intanto è fondamentale capire quali siano gli intendimenti della società, in fatto di volontà ed investimenti. Il passaggio primario è quello di individuare persone guida adatte, quello successivo la formazione di tecnici e collaboratori. Il progetto è realizzabile se alla base di tutto c’è l’organizzazione e l’applicazione al lavoro, condivisione di idee e infrastrutture.
D) La crisi economica a livello italiano impone di guardare con più attenzione ai giovani da costruire in casa. Finalmente?
R) Da troppi anni si fanno tante chiacchiere e pochi fatti. Purtroppo le proprietà cambiano spesso e quindi si guarda al risultato immediato e non a lungo termine. Formare, significa lavorare anni interi, costruire il calciatore con pazienza. Non credo alla favole delle cantere italiane, le società oggi vogliono giocatori già fatti. La professionalità paga sempre, insieme alla competenza. Chi ha saputo investire sulle competenze si ritrova risultati importanti, altrimenti siamo solo all’improvvisazione. La scelta primaria è quella da fare sul comparto tecnico. Un tecnico bravo ti garantisce risultati.
D) Come si individua un calciatore di prospettiva?
R) Si analizzano prima le qualità fisico-atletiche, tecnico-tattiche, caratteriali e l’atteggiamento. Queste le prime indicazioni, poi concetti, principi e parametri. Il passaggio successivo è l’attenzione nella sua fase di crescita, spettante a tecnici e responsabili. Escono da questa logica i fenomeni, che però, sono sempre più rari, rappresentano una cosa a parte, loro sono solo da accompagnare.
D) Quanto è difficile la gestione dei giovani calciatori?
R) Complicata direi. Bisogna conoscerli a 360 gradi. Individualizzare al massimo le proposte di lavoro in base alle caratteristiche del calciatore. La gestione è singola, non può essere generalizzata. Poi ci sono i genitori, argomento delicato. Sono i primi a dover essere educati. Condizionati dai procuratori, o pseudo tali, i quali fanno credere, in maniera precoce, di poter garantire un futuro brillante. Non funziona così, il percorso di crescita deve avvenire a tappe e con criterio.
D) Chi lavora meglio in Italia nel settore e giovanile?
R) I numeri dicono Atalanta e Roma. Non è un caso che Favini e Bruno Conti siano nella stessa società da anni. La continuità, come detto precedentemente, paga.
D) Sono in numero maggiore o minore le società che pensano di più al risultato immediato piuttosto che a quello in prospettiva?
R) Decisamente più alta la percentuale di società che pensano al risultato immediato. Molti allenano per vincere e non insegnano per formare. Questo è il grande limite dei settori giovanili italiani.
D) Perché la Reggina non riesce più a mandare in prima squadra un giocatore della cosiddetta cantera?
R) Ho lavorato per la Reggina per più di quattro anni. Adesso non più. Non conosco le attuali vicende della società amaranto, quindi non saprei dare una risposta. Di sicuro Nicola Amoruso è persona seria, competente e voglioso di far bene, i risultati arriveranno, con lui ho un ottimo rapporto personale. Quello che posso dire, per esperienza, è che con la Reggina in serie A, si sono avute più risorse da investire sui giovani.
D) Il più bravo talent scout nel panorama italiano?
R) Domanda difficile alla quale rispondere. Non un nome, ma una società. Per quello che ogni anno riesce a produrre in fatto di talenti, sicuramente l’Udinese è quella che fa lo scouting migliore. Se facesse allo stesso livello anche la formazione, non avrebbe eguali in Eurora.