Risarcimento del danno a seguito di caduta lungo le scale condominiali

03\05\2013 – Recentemente la Corte di Cassazione è intervenuta in materia di onere probatorio, puntualizzando alcuni aspetti dell’onus, che erano oramai granitici e consolidati. Il caso sottoposto al vaglio dell’On.le giudizio degli Ermellini ha riguardato la rovinosa caduta di una condomina lungo le scale condominiali sulle quali erano sparsi calcinacci. L’aspetto innovativo della sentenza n. 9140/2013 ha riguardato, appunto, l’onus probandi, in quanto la Suprema Corte ha riconosciuto legittimo il risarcimento dei danni patiti dalla signora, pur in assenza di testimoni all’accadimento del fatto. La sentenza di legittimità ha ribaltato, infatti, il giudizio espresso dal Giudice di merito, secondo cui, sebbene risultasse pacifica la presenza del suddetto materiale lungo le scale, l’assenza di testimoni al momento dell’evento lesivo, impediva la formazione di una prova sufficiente a sostenere la tesi della donna, e, pertanto, ciò determinava il rigetto delle sue richieste risarcitorie circa le lesioni dalla stessa riportate a causa ed a seguito della caduta. La Suprema Corte, rivalutando l’intera vicenda, ha, invece, ritenuto che, sebbene non ci siano stati testimoni idonei a provare processualmente il nesso causale tra il fatto e l’evento, ossia tra la caduta e il danno, è, comunque, possibile desumere la causalità e, quindi, assolvere all’onere probatorio in via presuntiva, in considerazione del contesto in cui si è verificato l’evento; secondo gli Ermellini, infatti, “in casi quali quello di specie la causa è sempre individuata presuntivamente in relazione al contesto”. Secondo la Corte di legittimità, però, il Giudice di merito avrebbe, comunque, dovuto ravvisare nella fattispecie de quo il “concorso” della signora nell’accadimento del fatto, poichè, essendo una condomina dello stabile, era ben a conoscenza della presenza del materiale sparso lungo le scale e, conseguentemente, della pericolosità delle stesse, e, pertanto, avrebbe dovuto percorrerle con maggior cautela. La sentenza n. 9140/2013 ha ravvisato, quindi, il vizio della motivazione della sentenza impugnata “nell’aver escluso la sussistenza di nesso causale solo perché non v’erano testi che avessero assistito alle modalità della caduta, senza scrutinare se a diverse conclusioni potesse in ipotesi pervenirsi sulla scorta dell’apprezzamento di fatti idonei ad ingenerare presunzioni, così consentendo di inferire la ricorrenza del fatto ignoto da quello noto alla luce delle nozioni di fatto comune esperienza, che integrano com’è noto una regola di giudizio”.

Avv. Antonella Rigolino

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