Dopo l’ultimo “due di picche” ottenuto da Romano Prodi, odierno candidato a Presidente della Repubblica, che avrebbe dovuto vincere la corsa al Colle poiché proposto in maniera condivisa dal partito di centro-sinistra ed dai suoi alleati, arrivano le dimissioni del segretario del PD Pierluigi Bersani. Bene l’uomo del cambiamento, l’uomo della svolta, l’uomo dell’Italia dei giusti in realtà non era ben voluto nemmeno nel suo partito che appena ha potuto gli ha dato il ben servito. Se la matematica non è un’opinione, uno su quattro dei deputati del Partito Democratico non hanno votato per il candidato scelto dal segretario nell’ultima travagliata riunione. Cento traditori o cento responsabili dipende da quale parte politica si vuol “leggere” la situazione, hanno aperto una ferita insanabile all’interno del partito. Nel sisma che scuote il centro-sinistra cade anche Rosy Bindi che rassegna le dimissioni delusa anch’essa dal risultato delle urne. Forse una parte del partito non avrà digerito il comportamento scorretto nei confronti del candidato Marini, certo è che si sono dimostrati inaffidabili a governare il paese anche nel momento in cui avevano vinto, se pur in maniera risicata, le elezioni. Sono quasi passati due mesi ed una nazione importante come l’Italia, per “merito” loro, non ha ancora un governo; alla gente sembra di vivere in un paese del terzo mondo. Ora bisogna rimboccarsi le maniche eliminare campanilismi e tornare a votare un candidato condiviso per dare stabilità ad un paese che deve recuperare terreno e lasciarsi la crisi alle spalle. Berlusconi avrebbe incontrando Monti per stabilire un candidato che raccolga i favori di un’ampia area politica, veleggiano i nomi della Cancellieri, di Amato e di Letta. Grillo ed i suoi rimangono decisi invece a votare Rodotà. Qualora non si riuscisse a trovare un’intesa il PDL si muoverà per tornare alle elezioni.
Fabrizio Pace