Una ricerca, condotta da Aldo Marturano dell’INGV – Osservatorio Vesuviano, Giuseppe Aiello e Diana Barra della Federico II di Napoli, ha dimostrato che i movimenti verticali del suolo al Vesuvio, dell’ordine dei 100 m, avvengono in fase con le variazioni del livello marino riscontrate nell’ultimo ciclo glaciale (ultimi 120.000 anni). Circa 60.000 anni fa il Somma stava emergendo dalle acque dell’odierno Golfo di Napoli. Il livello del mare, che andava abbassandosi da circa 60.000 anni, in quel periodo era una quarantina di metri più basso dell’attuale. Da allora il vulcano è rimasto emerso fino ad oggi aumentando in dimensioni. Il cono del Vesuvio, che è cresciuto all’interno della Caldera del Somma dopo l’eruzione del 79 d.C., tocca oggi la quota di 1180 metri sul livello del mare attuale. La ricerca ha messo in evidenza che il blocco strutturale del Somma-Vesuvio, che comprende oltre all’apparato vulcanico, anche le contigue Piane del Sarno e del Sebeto, ha sperimentato un sollevamento negli ultimi 20.000 anni in risposta ad una subsidenza registrata nei precedenti 40.000 anni, per una ampiezza di oltre cento metri. L’ultimo ciclo glaciale è cominciato circa 120.000 ani fa quando le temperature e le condizioni climatiche del nostro pianeta erano simili a quelle odierne. Un lento abbassamento della temperatura ha prodotto un accrescimento dei ghiacciai e un relativo abbassamento del livello medio marino. Circa 20.000 anni fa, in corrispondenza del massimo glaciale, il livello marino nel Mediterraneo era oltre 120 m più basso di quello odierno. Con il graduale innalzamento della temperatura i ghiacciai si sono ridotti e il livello marino è andato aumentando. L’attuale periodo è considerato vicino al massimo interglaciale. La ricostruzione della storia deformativa si è avvalsa delle analisi sulle microfaune fossili ritrovate nei sedimenti a varie profondità. Le altezze stratigrafiche dei sedimenti, la loro età e l’attribuzione di una quota di deposizione, hanno permesso di valutare il tasso di mobilità del vulcano nel tempo. Le cause del sollevamento del suolo, registrate nei sedimenti, sono state addebitate ad accumuli di magma in profondità (20-30 km), che si sono spostate verso la superficie dando quindi luogo alle molteplici eruzioni che hanno contribuito alla formazione dell’odierno vulcano. Le più recenti eruzioni pliniane che hanno preceduto quella del 79 d.C. sono datate a ~4000 e ~9000 anni dal presente. L’abbassamento del suolo riscontrato nel periodo più antico è stato imputato in parte alla tettonica regionale che ha ribassato l’intera piana Campana, in parte al peso del vulcano che è aumentato nel tempo e in parte a movimenti di lungo periodo, in fase con i cicli glaciali, di masse magmatiche profonde. Le peculiarità del risultato scientifico sono state illustrate in un articolo (Somma-Vesuvius ground deformaton in the last glacial cycle) pubblicato sulla rivista “Journal of Volcanology and Geothermal Research”, in italiano: “Deformazioni al Vesuvio nell’ultimo ciclo glaciale”. Che il Somma-Vesuvio respiri con il ritmo delle glaciazioni è un’ assoluta novità, ma i risultati della ricerca sono ancora più significativi se si considera che solo negli ultimi 4-5 anni è andata avvalorandosi l‘ipotesi che ampie variazioni del suolo avessero interessato il vulcano. Più in generale, lo studio anche conferma come i vulcani siano tra i più sensibili rivelatori dei cambiamenti tettonici profondi che influenzano la parte più esterna del nostro pianeta.
Sonia Topazio (Capo Ufficio Stampa INGV)