L’Assessore Mancini al VI Comitato di Sorveglianza POR FESR 2007/2013: “Riprogrammazione per finanziare imprese e lavoro”


ufficio stampa Regione Calabria

PROGRAMMAZIONE NAZIONALE E COMUNITARIA – Si è svolto questa mattina – è scritto in una nota dell’ufficio stampa della giunta regionale – il VI Comitato di Sorveglianza del POR Calabria Fesr 2007/2013 nella sede della Fondazione Terina di Lamezia Terme. Tra i punti più significativi all’ordine del giorno della riunione, convocata da Giacomo Mancini, Assessore al Bilancio e alla Programmazione Nazionale e Comunitaria – alla presenza di Anna Tavano, Autorità di Gestione del POR, dei dirigenti regionali, dei commissari dell’UE, del Dipartimento Politiche di Sviluppo, dei Ministeri e del Partenariato – c’è la riprogrammazione delle risorse del POR Calabria FESR, allo scopo di rendere gli interventi più coerenti e incisivi. In discussione anche le grandi infrastrutture strategiche come il completamento della “SS Jonica” e il “Polo Intermodale di Gioia Tauro”; la rimodulazione dei Piani integrati di sviluppo urbano (PISU); il Piano di Comunicazione del POR Calabria FESR 2007/2013, con l’illustrazione delle le azioni di informazione e comunicazione realizzate nel corso del 2011 e del 2012 per diffondere la conoscenza dei Fondi strutturali europei e avvicinare il cittadino all’Amministrazione regionale. Di seguito l’intervento dell’Assessore regionale al Bilancio e alla Programmazione nazionale e comunitaria Giacomo Mancini al Comitato di Sorveglianza del POR Calabria FESR 2007-2013 “L’odierna seduta del Comitato assume i caratteri della straordinarietà per diversi motivi, alcuni meramente formali altri più sostanziali. È, difatti, una seduta cronologicamente distante dalle date in cui si è solito convocare il Comitato, dove non saranno prese decisioni, ma in cui la Regione illustrerà in maniera approfondita le ragioni della riprogrammazione del POR e i suoi obiettivi. Straordinaria per celerità è stata la procedura adottata per approvare a fine 2012 la riprogrammazione, accogliendo la richiesta del Governo di ottemperare in tempi rapidi a quanto delineato nella Nota Tecnica STRUMENTI DIRETTI PER IMPRESA E LAVORO NEL SUD, pubblicata solo a fine ottobre 2012. Ed, infine, ritengo straordinaria la capacità della Regione di comprendere che, attraverso le misure elaborate dal Governo, si sarebbero messe a disposizione delle imprese e dei lavoratori ulteriori risorse finanziarie, utili al superamento della contingente crisi economica.  L’amministrazione regionale ha, quindi, operato con realismo, mettendo da parte i facili entusiasmi determinati dai risultati conseguiti negli ultimi anni e prevedendo che il processo di rivisitazione dei Programmi Comunitari avviato dal Governo un anno fa avrebbe fatto conseguire ulteriori risultati. Innanzitutto, concentrare le residue risorse finanziarie su pochi strumenti ed obiettivi misurabili. In secondo luogo, salvaguardare quegli interventi ritenuti strategici dalla Regione ma i cui tempi di realizzazione rischiavano di non rispettare la tempistica della Programmazione comunitaria. Infine, il Governo, dando seguito alle raccomandazioni espresse dalle Istituzioni comunitarie, ha proposto strumenti ispirati alla strategia “Europa 2020”. Pertanto, il Piano di Azione Coesione si pone come un ponte tra l’attuale e la prossima programmazione e le Regioni, partecipando al processo di implementazione e finanziamento del Piano, hanno iniziato ad acquisire conoscenze e a sviluppare competenze che torneranno utili nell’avvio della Programmazione 2014/2020.  L’adesione alla terza fase del PAC è stata tutt’altro che acritica. L’accordo trovato contempla e risponde a due esigenze: quella del Governo nazionale di finanziare con la riduzione del cofinanziamento nazionale alcune misure anticrisi (agevolazioni fiscali alle imprese delle Zone Franche Urbane, cassa integrazione in deroga e politiche attive del lavoro, etc..) e quella della Regione di contestualizzare per quanto possibile tali misure e di salvaguardare, attraverso lo strumento del Piano Esterno Parallelo, quanti più interventi strategici ad elevato rischio di non ultimazione entro il 31 dicembre 2015. Alla fine si è convenuto di destinare circa 200 milioni di euro al finanziamento di un mix di misure anticrisi dirette a imprese e lavoro e circa 168 milioni di euro per mettere in salvo il PISR “Case della salute”, la cui attuazione è legata al Piano di rientro sanitario, e gli interventi dei PISU in ritardo attuativo, considerati dalle Aree Urbane beneficiarie determinanti per il loro sviluppo. La Regione, oltre ad avere ottenuto di mettere in salvo interventi per un importo maggiore di quanto fosse previsto dal documento governativo, ha fatto valere la sua specificità in tema di promozione turistica, assicurandosi la possibilità di finanziare procedure già cantierate per la riqualificazione delle strutture ricettive e degli stabilimenti balneari e di approntare una misura ad hoc per la promozione del sistema aeroportuale calabrese. Desidero, ora, brevemente richiamare le principali misure che la Regione ha deciso di finanziare nell’ambito della terza fase del PAC per rafforzare la risposta alla crisi economica, che, da finanziaria, è divenuta crisi del sistema produttivo e del lavoro. Innanzitutto, gli strumenti a favore delle imprese. Sono di due tipi, il primo è costituito da incentivi a favore delle PMI delle Zone Franche Urbane, che il Governo insieme alle Regioni hanno deciso di rilanciare, e di incentivi per l’ammodernamento degli impianti e delle attrezzature. Il secondo è diretto a supportare le PMI nell’attuale stretta del credito, promuovendo la trasformazione dei prestiti a breve termine, rafforzando gli strumenti di garanzia ed intervenendo a favore del circolante. Per quanto concerne gli interventi a favore del lavoratori in difficoltà, la Regione ha accolto la richiesta del Governo di rafforzare la partecipazione finanziaria per tutti quegli strumenti finalizzati al mantenimento dei posti di lavoro e all’offerta di effettive opportunità di ricollocazione lavorativa. Infine, mi preme sottolineare lo sforzo a favore del Turismo. La Giunta ha deciso di utilizzare 70 dei 205 milioni, di cui si compone l’intera operazione, per supportare la riqualificazione e l’ampliamento delle strutture ricettive, per promuovere il sistema aeroportuale calabrese e per migliorare le strutture balneari. Oltre ad illustrare le ragioni e le finalità legate al delicato momento economico che hanno portato la Regione ad aderire alla terza fase del PAC, ritengo utile soffermarmi anche sui motivi connessi allo stato dell’arte del Programma, perché, se è vero che la riprogrammazione del POR contiene in sé i presupposti e, in certa misura, i prodromi della prossima Programmazione Comunitaria, nel contempo, ha fatto emergere quelli che possiamo considerare i mali della Programmazione odierna e, senza voler essere disfattista, dell’apporto dei fondi strutturali alla risoluzione dei problemi che affliggono la Calabria. Innanzitutto, ritengo che tale disamina debba tenere conto di alcuni dati di partenza, senza i quali si rischierebbe di essere superficiali o fuori contesto.  Il POR calabrese si proponeva di conseguire obiettivi e risultati che consentissero di incidere sui problemi sociali, economici ed infrastrutturali della regione, attraverso una complessa articolazione, fatta di priorità strategiche e di linee di intervento, di indicatori per misurare la vicinanza o la lontananza dai target, e di strumenti programmatici, come la Progettazione integrata, pensata per rendere maggiormente partecipativa e vicina al territorio l’attuazione del Programma. Eppure, quando due anni e mezzo fa abbiamo assunto la responsabilità del POR, quest’ultimo denunciava un ritardo attuativo notevole. Il problema è che il POR costituiva, in massima parte, un enunciato d’intenti, compatibile con innumerevoli soluzioni pratiche. In cui le decisioni cruciali sul “che cosa fare”, “perché farlo” e “con chi” non erano chiaramente definite e la cui attuazione era indissolubilmente legata all’avverarsi di una seria di pre-condizioni che ne rendevano difficile il cammino. Faccio due esempi.  Gli interventi di valorizzazione dei beni culturali, che coprono una parte consistente dei PISR, dipendevano dall’approvazione di una serie di Piani di Settore che, all’atto dell’adozione del Programma, non erano neanche stati abbozzati e il cui processo di assunzione si è rilevato essere particolarmente lungo visto l’intervento di innumerevoli attori.  Il secondo è, in un certo senso, ancora più emblematico. Il POR prevede che una parte consistente degli obiettivi debba essere conseguito attraverso la Progettazione integrata: PISR, PISL e PISU. Anche in questo caso, il processo di adozione dei singoli programmi prevedeva un’interlocuzione costante con il partenariato e con il territorio ed anche in questo caso il processo era stato appena abbozzato.  Quindi, la molteplicità delle attività e delle procedure previste, di obiettivi da conseguire, di materie interessate, all’interno di un telaio complesso e articolato ma privo di una precisa tempistica, di risultati misurabili, di interventi chiaramente identificati e, soprattutto, subito cantierabili ha costituito una zavorra per il Programma. Tant’è che, nonostante gli indubitabili passi in avanti fatti, con lo sblocco di tutte le procedure previste nel POR, l’attuazione a tappe forzate della progettazione integrata, la sostituzione di una parte degli iniziali Grandi Progetti, privi di una progettazione matura, con interventi realizzabili nel rispetto della tempistica comunitaria, l’approvazione dei Piani di Settore e delle Direttive per la concessione di aiuti alle imprese, l’amministrazione regionale ha dovuto confrontarsi con i tempi di realizzazione di tutte le procedure attuative avviate negli ultimi due anni e mezzo e con la necessità di produrre velocemente spesa, in un contesto fortemente influenzato dalle stringenti, e ritengo dannose, regole del Patto di Stabilità. Il rischio, come ben sapete, sarebbe stata la perdita di un’ulteriore occasione. Ebbene, ritengo che, tenuto conto dei tempi ristretti e della necessità di assumere velocemente decisioni a volte anche impopolari, la Regione abbia ben operato. Anche tenendo nella giusta considerazione le sollecitazioni provenienti dal Partenariato. Il quale non può che convenire che le misure scelte, nelle intenzioni di chi le ha proposte, vanno nella giusta direzione. È stata lamentata una carenza di confronto, ma anche su questo mi permetto di dissentire. Le rappresentanze regionali delle Parti sociali non possono non tener conto che le proposte approvate sono state formulate da un Tavolo nazionale rappresentativo di tutte le istanze. E che, nonostante la pressante richiesta del Governo di chiudere rapidamente, la Regione abbia accolto la richiesta di approfondire le linee della riprogrammazione. Infatti, il 4 dicembre 2012, prima di chiudere la procedura scritta, è stato convocato il Tavolo del Partenariato, e in tale occasione, l’Autorità di Gestione ha illustrato le scelte di merito e di metodo operate dalla Regione, evidenziando come la tempistica ristretta sia stata dettata dalla necessità di attuare il prima possibile le misure definite nel documento governativo. Inoltre, è stata accolta la richiesta di convocare un Comitato di Sorveglianza straordinario che affrontasse puntualmente la riprogrammazione. Distinto è il caso della posizione assunta dall’ANCI. Ritengo che, pur considerando legittime le critiche formulate dall’associazione dei comuni calabresi, debba essere evidenziata che la scelta operata dalla Regione di ridurre la dotazione dei PISU si è resa necessaria in considerazione dello stato di attuazione del programma PISU, che, per motivi legati, soprattutto, al ritardo con cui è stato avviato, non permetteva di avere sufficienti garanzie in ordine alla sua piena realizzazione entro il 31 dicembre 2015. Per tale motivo, sulla scorta della disamina effettuata dal Dipartimento Urbanistica, si è operato su un duplice piano. Da una parte, si è proceduto a ridurre di circa 50 milioni di euro l’entità totale del Programma, considerata la rilevante distanza dagli obiettivi di spesa di alcuni interventi. D’altro canto, si è deciso di mitigare questa riduzione, migrando nel Piano Esterno Parallelo 70 milioni di euro di interventi, scegliendo quelli che per le Aree Urbane rivestono una particolare importanza e siano dotati di un crono programma credibile. Riteniamo che quanto fatto ci consenta di preservare sul POR tutti quegli interventi, realizzabili entro l’attuale programmazione, che ci permettono di dare attuazione alla strategia delineata nel Programma, di salvaguardare interventi la cui cantierabilità le Aree Urbane interessate devono comunque garantire in tempi certi, e di rinviare l’attuazione di interventi al momento non cantierabili. Quanto rappresentato è stato oggetto di confronto con l’ANCI e con le Aree Urbane interessate dai PISU; il Dipartimento Urbanistica si è reso parte attiva, convocando il Tavolo di Partenariato e partecipando a diversi incontri, nell’ambito dei quali si è confrontato sui criteri per operare sui diversi PISU la riduzione finanziaria e per scegliere gli interventi da salvaguardare. Considerato quanto fatto, desidero dare conto alle Istituzioni nazionali degli sforzi profusi per mettere in sicurezza i Programmi comunitari, operando nella costante ricerca di un ampio consenso, alle Istituzioni comunitarie della comprensione dimostrata, senza far mai mancare il necessario appoggio ed anzi proponendo migliorie alle proposte avanzate, ed, infine, ringrazio il Partenariato, che ha compreso la bontà delle misure proposte, pur rimanendo fermo nella richiesta di una maggiore partecipazione. Concludo il mio intervento, sottolineando che il Programma ha raggiunto il target di spesa di fine anno anche senza la riprogrammazione, la quale produrrà i propri effetti solo a seguito della Decisione comunitaria. Questo, per sgombrare il campo da facili, quanto futili, illazioni sui motivi che ci hanno spinto a rivedere il POR. Sono sicuro che tutti voi comprenderete come la nostra azione si sia ispirata unicamente al miglioramento della nostra regione”.

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