Conservazione staminali «più collaborazione tra pubblico e privato»

cellule staminali

L’invito di SmartBank, la prima banca italiana ad aver dato la possibilità di conservare privatamente le staminali cordonali, sull’esempio dell’inglese Biovault acquisita dall’Università di Plymouth. Quando si parla di staminali, la collaborazione tra pubblico e privato è indispensabile. «Mettere l’efficienza del sistema di raccolta privato “del cordone” a servizio di quello pubblico può permettere di raggiungere risultati scientifici ed ottenere benefici per la collettività», afferma Irene Martini, direttore scientifico di SmartBank, la prima banca italiana ad aver dato la possibilità ai genitori di conservare privatamente le cellule staminali del cordone ombelicale. «Vogliamo costruire un dialogo fattivo con le nostre istituzioni al fine di promuovere un’integrazione tra sistema pubblico e privato in Italia».  A livello internazionale gli esempi virtuosi di una collaborazione di questo tipo non mancano. Un dato di partenza: «Le banche pubbliche con il maggior numero di campioni, come quelle di New York, Londra o Dusseldorf, si trovano in Paesi dove non solo è permessa l’istituzione di banche private, ma ne è anche autorizzata la promozione», sottolinea Martini che è anche l’unica rappresentante italiana ammessa al Board della Fondazione Parent’s Guide to Cord Blood, punto di riferimento internazionale sia per la donazione pubblica che per la conservazione privata.  Ci sono anche delle realtà che si stanno muovendo in questa direzione. L’ultimo esempio arriva dall’Inghilterra dove Biovault, banca dei tessuti da oltre dieci anni specializzata nel processare e conservare cellule staminali da midollo osseo, sangue periferico e cordone ombelicale e partner dell’italiana SmartBank, è stata recentemente acquisita dall’Università di Plymouth. Un impegno proiettato al futuro: l’università infatti intende creare una base ancora più solida per una progressiva espansione come banca internazionale dei tessuti. «L’acquisizione di Biovault da parte dell’Università di Plymouth è, quindi, un evento che si inserisce nella tendenza, peraltro logica ed auspicabile, delineata recentemente nei paesi anglosassoni, dove si sono verificati interessanti esempi di una profonda e proficua collaborazione tra banche pubbliche e private», continua Martini. Biovault porta un importante patrimonio con sé. «Parliamo dell’unica banca, cosiddetta “mista”, del Regno Unito, che opera per l’“UK South West Peninsula Transplant Programme” – il sistema sanitario nazionale pubblico – e che collabora in tutta Europa con organizzazioni sanitarie, aziende private e partners accademici e del mondo della ricerca, per favorire l’innovazione in campo tecnologico nella misurazione efficace di campioni solidi di tessuti umani e perfino piccoli organi, e medico-chirurgico nella medicina rigenerativa, nel trattamento di lesioni da attività sportive e in procedure ricostruttive viso/seno».  Ma ci sono altri esempi di questa collaborazione pubblico-privato. Ricorda il direttore scientifico di SmartBank: «Per il Cambridge University Hospitals NHS Foundation Trust (CUH), l’inglese Virgin Health Bank (VHB) si occupa di fornire ai genitori informazioni dettagliate sui benefici e sulle potenzialità delle cellule staminali del sangue cordonale, nonché della gestione di tutti i prelievi cordonali. Ma anche c’è la testimonianza dell’accordo siglato negli Stati Uniti, in California, tra la pubblica UC-Davis e la privata StemCyte». Conclude Martini: «Sono tutte esperienze che confermano l’orientamento internazionale verso la collaborazione tra banche pubbliche e private per incrementare il numero di unità di sangue cordonale destinate alla donazione e/o conservazione. Un orientamento che auspichiamo possa avvenire anche in Italia».

Comunicato Stampa –  Marco Parotti

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