Continuiamo la nostra carrellata sulle principali forme d’impresa. Questa settimana è il turno dell’impresa agricola. Anche l’agricoltura, al pari del commercio, rappresenta una delle forme più antiche di attività economica. L’utilizzazione del terreno agricolo in forma economicamente organizzata rappresenta una tappa fondamentale nella storia dell’umanità. L’impresa agricola presenta delle caratteristiche che la rendono abbastanza unica, speciale, nel panorama economico. Abbiamo già parlato, in altre occasioni, della forza contrattuale dell’imprenditore agricolo nella determinazione del prezzo di vendita: bene, si ribadisce in questa sede che il prezzo dei prodotti agricoli è determinato dal mercato, o più realisticamente dal grossista, ed il produttore agricolo non ha la forza per potere imporre il “suo” prezzo. Si considerino le prospettive di prezzo che si presentano in questi giorni a Rosarno per la campagna agrumicola: 7 centesimi al kg. Prendere o lasciare. D’altronde, il prezzo finale deve compensare tutta una serie di costi che l’imprenditore agricolo sostiene per realizzare la produzione. Nell’analisi dei costi dell’imprenditore agricolo, riveste un ruolo fondamentale la dimensione dell’azienda, per quanto riguarda il giusto equilibrio fra manodopera e meccanizzazione. Nelle aziende medio – piccole si può verificare una difficoltà ad introdurre macchine agricole e, pertanto, prevalenza di lavoro manuale con aumento dei costi; nelle aziende medio – grandi, invece, l’uso della meccanizzazione consente di ridurre i costi e realizzare, così, produzioni che possano essere più competitive sul mercato. La destinazione dei prodotti agricoli è differente. Vi è un primo gruppo di prodotti che vengono consumati freschi, e ci riferiamo agli ortaggi, ai diversi tipi di frutta ed alle numerose varietà di verdure. In questi anni la sensibilità ecologica ed ambientalistica sta portando a preferire prodotti di agricoltura biologica, possibilmente a “chilometro zero”: si cerca, cioè, di organizzare una filiera che non determini grandi spostamenti delle derrate ortofrutticole, per evitare di caricarle di costi di intermediazione, ed anche per ridurre l’inquinamento derivante dai mezzi di trasporto. Un altro gruppo di prodotti agricoli è costituito dalle produzioni che sono destinate ad essere sottoposte a lavorazioni di tipo industriale per realizzare altri prodotti, che vengono denominati, dunque, prodotti dell’agroalimentare. Appartengono a questo secondo gruppo le aziende coltivate a vigneto per la produzione di vino; gli oliveti per la produzione di olive da molitura, per la produzione di olio; gli agrumeti, in particolare il bergamotteto, per l’estrazione dell’essenza che costituisce la materia prima fondamentale per l’industria dei profumi. Un terzo gruppo di prodotti agricoli è rappresentato da quelle derrate che bisogna importare dall’estero perché sarebbe impossibile coltivarle, per motivi climatici. Si tratta di caffè, cacao, arachidi, banane, the, canna da zucchero, ed altro ancora. Questi prodotti, ancora oggi denominati “coloniali”, alimentano un consistente mercato di dimensioni mondiali. Le aziende che si occupano della produzione di questi prodotti sono quasi sempre multinazionali che coltivano in aziende di dimensioni veramente immense, e coltivano solamente un prodotto (monocoltura). Queste multinazionali non fanno altro che ripetere quanto si faceva nel periodo del colonialismo, determinando pertanto le condizioni per una nuova forma di colonialismo, denominata appunto “neocolonialismo”. Parliamo di Nestlé, Danone, Chiquita. L’Italia è la patria dell’agroalimentare di qualità. Si sta registrando in questi ultimi anni una crescita del settore, sia in termini di crescita del numero di addetti al settore, soprattutto giovani, e sia in termini di crescita delle esportazioni verso l’estero, segno di una speciale attenzione dei consumatori stranieri verso i prodotti “made in Italy”.
Prof. Giuseppe Cantarella