14\10\2016 – Con la recente Sentenza n. 16622/12 la Corte di Cassazione ha statuito che le telefonate effettuate dagli Operatori di Call Center e registrate da appositi software in grado di rilevare il numero, la destinazione delle telefonate, nonché il soggetto chiamante, non possono essere utilizzate dal datore di lavoro per valutare la “produttività” dei dipendenti e per poter costituire valida causa di un eventuale licenziamento nei loro confronti. Invero, nel corso del giudizio di merito di I° e di II° grado, il datore di lavoro ha fondato la propria tesi difensiva, sostenendo che il controllo “a distanza” dei lavoratori era legittimo, in quanto si configurava come un controllo “difensivo”, ossia finalizzato ad accertare eventuali comportamenti illeciti dei dipendenti, nell’ambito dell’esatto adempimento delle loro obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro. I Giudici di merito, di I° e II° grado, riconoscendo la “natura” difensiva del predetto controllo, hanno avallato la legittimità di tali registrazioni, statuendo che il software utilizzato per effettuare il controllo dei dipendenti non era in alcun modo in contrasto con l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/70), sebbene, nel corso del procedimento, sia stato dimostrato dal lavoratore ricorrente che tale software era stato installato in assenza di accordo sindacale e di autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro, così, come, invece, espressamente prevede il succitato articolo 4. Giunto il procedimento in sede di legittimità a seguito del ricorso del dipendente, gli Ermellini, hanno ribaltato le decisioni di merito, rilevando, innanzitutto, che, come sopra detto, il software di controllo “a distanza” era stato installato in assenza degli accordi sindacali e delle autorizzazioni previste dalla normativa; in secondo luogo, nel condannare la condotta del datore di lavoro, hanno richiamato l’orientamento di legittimità formatosi sul punto, ribadendo che, sebbene i controlli di carattere “difensivo” messi in atto dal datore di lavoro siano pienamente legittimi, tali controlli devono, comunque, avvenire nel pieno rispetto delle garanzie procedurali previste dalla normativa di riferimento e che, in ogni caso, non possono pregiudicare la sfera della prestazione lavorativa del lavoratore. Sulla base di tali premesse, la Suprema Corte è giunta, quindi, a stabilire che qualora tali controlli vadano ad interferire con la prestazione di lavoro ed il datore non abbia adottato dei sistemi di filtraggio delle telefonate tali da impedire l’individuazione del lavoratore, le risultanze del controllo “difensivo” non possono essere utilizzate per dimostrare e provare giudizialmente l’inadempimento contrattuale del dipendente e non possono, quindi, costituire giusta causa di licenziamento.
Avv. Antonella Rigolino