La solitudine dei numeri primi (Paolo Giordano)

20110915-115329.jpgUn caso letterario arrivato a vincere uno dei principali riconoscimenti letterari italiani: il Premio Strega 2008; Romanzo d’esordio di un giovane scrittore laureato in fisica teorica, che con la “Solitudine dei numeri primi“ ha analizzato bruciando due vite speciali, quelli che sono i problemi causati da traumi infantili che irrimediabilmente segnano il futuro dei diretti interessati e delle persone che li circondano. Tra matematica e psicologia, pagine che arrivano al finale, che lasciano l’amaro in bocca e tanta inquietudine per la reale emotività repressa di due giovani vite, vicine ma mai abbastanza per toccarsi davvero. Romanzo fatto di sguardi, di percezioni, di sensibilità, soprattutto di silenzi, che arrivano agli occhi e suscitano pensieri che vanno al di là di una semplice lettura.

Alice e Mattia i due protagonisti uniti eppure invincibilmente divisi, sono marchiati a fuoco da reciproche esperienze terribili, e né la stagione dell’adolescenza, della giovinezza e dell’età adulta riusciranno a far fiorire dentro di loro un minimo di speranza per modificare il corso degli eventi destinato alla tristezza. Sono come quei numeri speciali che i matematici chiamano “Primi gemelli”: separati da un solo numero pari, un numero che li tiene lontani seppur dolorosamente vicini o viceversa?! Alice è una bambina obbligata dal padre a frequentare la scuola di sci. E una mattina di nebbia fitta, lei non ha voglia di indossare gli abiti da piccola campionessa e il latte della colazione le pesa sullo stomaco. Persa nella nebbia, staccata dai compagni, se la fa addosso. Umiliata, cerca di scendere, ma finisce fuori pista spezzandosi una gamba. Incidente che la renderà invalida non solo fisicamente ma soprattutto psicologicamente: il cibo diventerà un nemico e qualsiasi slancio umano sarà segnato dalla sua incapacità di reagire. Mattia è un bambino intelligente anzi brillante un genio solitario e sospettoso ed ha una gemella, Michela, ritardata. La presenza di Michela mette in imbarazzo Mattia di fronte ai suoi compagni e, per questo, la prima volta che un compagno di classe li invita alla sua festa, Mattia abbandona la sorella nel parco, con la promessa che lei lo aspetterà. Mattia non ritroverà più Michela. In quel parco, lei si perde per sempre o forse no?! E lui come punizione inizierà a procurarsi cicatrici con lame e vetri quasi per non dimenticarsi di soffrire.

Le vite di Alice e Mattia, si incroceranno e si affiancheranno nel corso degli anni, due rette parallele, consapevoli dell’angoscia del loro destino scritto con inchiostro nero ed indelebile in fondo agli occhi. Alcune immagini ferme sul foglio automaticamente ne fanno riaffiorare altre, creando un movimento di azioni lento ed inquieto, suscitando “speranza reale” placata dalla fragilità dei due protagonisti che sembrano sempre volersi davvero fondere in un’unica persona ma in fondo non riescono. Un romanzo che lascia molti interrogativi al lettore, il senso di arrendevolezza che da la sensazione di annegare in millimetri d’acqua fa salire su un po’ di rabbia mista ad incoraggiamento fino alla fine. La voglia di entrare dentro la trama e scuotere l’abisso di rassegnazione è implacabile in alcuni punti, soprattutto perché manca la voglia di vivere.

Tragica fotografia di persone speciali che spesso sfiorano i respiri senza viverli pienamente, perché troppo deboli, troppo autentici in ogni sbaglio. Tutto ciò che li circonda indossa maschere di finta indifferenza, gli stessi genitori che “ignorano” quanto sia accaduto, sono il dramma per questi figli che silenziosamente con le loro scelte mozze interrotte da sguardi bucati e vuoti, cercano di attirare l’attenzione sperando in un po’ di comprensione senza sentirsi “strani” anche tra le mura di casa. Momenti che finiscono sempre con…”Adesso devo andare”…senza mai concludersi, sono lo specchio delle paure che secondo me in piccola parte viviamo un po’ tutti.
Buona lettura

Annamaria Milici

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