Si è svolta ieri sera alle 18.30, alla presenza dei militanti missini, una sobria commemorazione della scomparsa del giudice Scopelliti presso la stele eretta in suo nome organizzata dalla federazione reggina del MSI-Fiamma Tricolore. A precedere il minuto di silenzio e la deposizione di una corona di fiori ai piedi del monumento dedicato al giudice ucciso in un attentato ventuno anni fa ed ancora senza colpevoli alla sbarra, gli interventi di Luigi Iacopino, responsabile nazionale del dipartimento Antimafia della Fiamma Tricolore, il quale ha prima ripercorso la carriera del giudice aggiungendo che “solo per il suo curriculum da reggini dovremmo essere fieri di avere avuto un uomo di tale calibro al servizio della legalità”. Successivamente, sempre Iacopino, ha raccontato di come e perché si sia arrivato al suo assassinio, dell’intreccio fra Cosa Nostra siciliana e ‘ndrangheta calabrese, della guerra di mafia che insanguinava la città di Reggio in quegli anni, e dei primi sibili dei pentiti che hanno portato alla riapertura di un processo per un attentato che non ha ancora i suoi colpevoli. Oltre a ciò quello che Iacopino con maggiore forza ha voluto evidenziare è stata la grande forza morale di un uomo integerrimo che anche di fronte ad un tentativo di corruzione è andato avanti per la sua strada continuando a lavorare per la Giustizia, “un esempio sempre più raro di questi tempi in cui le cronache ci raccontano un’Italia sostenuta da piccoli uomini prezzolati e di ben altra e ignominiosa indole” .
Subito dopo la parola è passata la segretario provinciale della Fiamma, Giuseppe Minnella, il quale ha voluto marcare l’importanza di queste manifestazioni, seppur piccole. “Non importa quanti siamo qui oggi, non importa se accanto a noi non ci sono altre sigle di partiti ed associazioni capaci di produrre solo valanghe di comunicati stampa, non importa se singoli e liberi cittadini oggi hanno preferito andare al mare: l’importante è cominciare a rompere quel muro di silenzio che avvolge la figura del giudice Scopelliti. E ancora: “La Fiamma Tricolore, sul palcoscenico della corrotta politica italiana, deve dunque rappresentare quel baluardo di legalità contro tutte le mafie al quale gli italiani possono guardare con estrema fiducia; abbiamo sempre chiuso le nostre liste a personaggi di dubbia moralità e continueremo a farlo anche in futuro. Non potremmo agire diversamente noi che proveniamo da quel movimento che estirpò la mafia dal nostro paese”. Questo termine può essere accostato alla Fiamma solo quando si tratta di ricordare i nostri morti o quando si tratta di combatterla. E di ciò ne andiamo fieri!”. Infine una riflessione sulla società attuale e la nostra regione: “la nostra terra di Calabria ha bisogno di questi grandi uomini, ed ha bisogno di questi esempi per riuscire ad avere quello slancio culturale che le permetta finalmente di affrancarsi dalla subordinazione ai poteri mafiosi e di uscire dal proprio individualismo. La Calabria deve finalmente riconoscersi come una grande Comunità, capace autonomamente di esprimere valore culturale ed economico attraverso la valorizzazione delle proprie risorse umane, della sua storia e della sua terra, nel pieno rispetto della legalità”. Queste le parole dei giovani missini della Fiamma al tramonto di una giornata presso la stele affacciata ad un balcone sullo Stretto di rara bellezza. Solo qualche mazzo di fiori e l’indifferenza generale dei passanti rappresentano la chiara constatazione che il giudice Scopelliti, a ventuno anni dalla sua morte, è ancora solo. Poco più sopra la messa in suffragio del giudice con poche decine di partecipanti, e poi nulla più oltre le miriadi di comunicati stampa di sigle e movimenti ieri assenti. Poco, davvero poco per un uomo che ha sacrificato la propria vita per dare un futuro di libertà e crescita alle future generazioni in una terra che ha sempre più bisogno di uomini di tale caratura morale. Probabilmente la solitudine di quest’uomo è indice di quanto sia scomoda per questa società la sua figura, anche da morto. È difficile capire oggi come un uomo possa rinunciare alla routine della propria vita borghese, alla comodità di sottomettere la propria libertà e la propria dignità in cambio della comodità di vivere una vita apparentemente tranquilla. È estremamente difficile capire come un uomo possa preferire e scegliere di vivere concretamente i valori del bene a favore della collettività, sacrificando la propria persona, la propria libertà, la propria vita in un momento storico dominato dal relativismo morale e dalla predominanza di valori materialistici, meccanicistici ed egoistici. Il problema è chiaramente culturale: il profitto ed il singolo dominano sulla collettività, soprattutto in una terra come la nostra di Calabria storicamente abituata a subire le dominazioni straniere, ad assecondare gli interessi dei prepotenti per avere un piccolo, singolo e personalissimo nonché misero tornaconto personale, e l’assicurazione di non dover subire “fastidi” alcuni. Oggi il prepotente non è più l’invasore straniero, non è il piemontese ma la malavita organizzata ed il primo campo sul quale combattere la mafia è appunto quello culturale. Nonostante l’impegno sempre più forte di numerose associazioni di cittadini, delle Forze dell’Ordine e della Magistratura, il giudice Scopelliti è ancora solo, perché la sua terra non ha ancora il suo stesso coraggio, non ha ancora la sua stessa anima ribelle, non ha ancora la sua stessa fiducia nello Stato e nelle istituzioni, non ha ancora la sua stessa sete di libertà. Per questo ieri la nostra presenza è stata importante: ha rappresentato un primo piccolo passo per cominciare a squarciare il muro di silenzio che ovatta la figura del giudice Scopelliti, è stato un primo piccolo passo al quale siamo certi seguiranno altri piccoli passi, quelli delle giovani generazioni calabresi, di singoli cittadini che non possono accettare di abdicare la propria libertà in cambio di una vita tranquilla ma misera e sottomessa o da emigranti. I giovani calabresi dovranno essere i protagonisti del riscatto della propria terra e personaggi come il giudice Scopelliti ed altri grandi uomini calabresi devono essere i nuovi modelli di riferimento di questa gioventù. La battaglia contro la ‘ndrangheta sarà una battaglia dura e lenta che se combattuta sul piano culturale i giovani calabresi non perderanno!
Dott. Luca Taveri – Addetto Stampa MSI-Fiamma Tric. – Federazione di Reggio Calabria