21\07\2012 – Ai sensi dell’art. 629 del Codice Penale risponde del reato di Estorsione “Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.”. Orbene, tale articolo costituisce la ratio della condanna inflitta dalla Corte di Cassazione Penale con la Sentenza n. 25750/12 ad un signore, ritenuto colpevole dagli Ermellini del reato sopra citato, per aver preteso dalla moglie, ponendo in essere atti di violenza nei confronti di costei, i soldi per l’acquisto delle sigarette. Quella che potrebbe apparire, a prima vista, una sentenza di condanna sopra le righe e magari esagerata, è stata adeguatamente motivata dagli Ermellini, i quali hanno ritenuto che le sigarette non rientrano nel novero dei “legami di solidarietà familiare” garantiti dagli artt. 29 e 30 della Costituzione, per cui, pretendere dal partner i soldi per acquistarle, rappresenta un “ricavo ingiusto”. Invero, l’ingiustizia del profitto nel reato di estorsione ricorre, sia nel caso in cui la pretesa avanzata non è in alcun modo riconosciuta o tutelata dall’ Ordinamento Giuridico, non avendo la stessa alcun fondamento, sia quando è indebita o per l’entità (nel caso de quo, €. 10,00) o per il soggetto a cui è rivolta (in tale fattispecie, la moglie). E, a parere insindacabile della Suprema Corte, nel caso di specie, si sono verificati entrambi i presupposti; da qui, la Sentenza di condanna sopra citata.
Avv. Antonella Rigolino