14\07\2012 – Con una singolare Sentenza, la Corte di Cassazione Penale si è pronunciata in materi di “bon ton” da tenere in pubblico: il curioso caso, sottoposto al vaglio degli Ermellini, ha visto protagonista una signora che è stata oggetto di lesioni da parte di un giovane che, gesticolando in piazza insieme ad altri amici, ha colpito inavvertitamente la signora all’occhio destro, procurandole un edema palpebrale con prognosi di 8 giorni. L’accaduto non ha avuto rilievo sul piano penale in I° grado, dal momento che il Giudice, ritenendo che il parlare gesticolando, sia, soprattutto in Italia, un’ “abitudine comune”, e non ravvisando, nella condotta dell’imputato, l’elemento soggettivo, né del dolo, né della colpa, è giunto ad assolvere il giovane, ai sensi dell’art. 530, comma I°, del Codice di Procedura Penale, “perché il fatto non costituisce reato”. Il caso, giunto in Cassazione, ha, però, trovato di diverso avviso, almeno parziale, gli Ermellini, i quali, esaminati gli atti di causa, hanno puntualizzato che “non è la generalizzata diffusione dei comportamenti a rendere lecita una condotta, essendo in ogni caso primario, nell`agire dell`uomo, il rispetto del neminem laedere”, e che il giovane, proprio perché si trovava in una piazza, “avrebbe dovuto evitare gesti scomposti”, atti a recare eventuali danni a persone o cose. E sulla base di tali considerazioni, con la Sentenza n. 24993/12 emessa dalla IV° Sezione, la Suprema Corte Penale ha statuito che “la pubblica via non è il salotto di casa”, pertanto, “l’abitudine di accompagnare con i gesti una conversazione, di per sè certamente lecita, perde il carattere di liceità nel momento in cui essa, per le modalità che caratterizzano la gestualità e per il contesto in cui essa si manifesta, rappresenti una violazione delle ordinarie regole di prudenza e di diligenza che, comunque ed in ogni caso, devono accompagnare qualsiasi comportamento umano”. Con tale pronuncia di grande civiltà giuridica, gli Ermellini hanno, così, disposto il rinvio della causa al Giudice di II° grado, affinchè provveda a quantificare, in sede civile e a titolo di “colpa”, i danni subiti dalla signora.
Avv. Antonella Rigolino