Con l’espressione “biomassa” si usa intendere, soprattutto nel veloce linguaggio giornalistico, quei rifiuti o sottoprodotti di natura organica che possono essere suscettibili di produrre energia, di origine biologica. Allo stato attuale è possibile produrre biogas, ossia combustibili provenienti dall’ambiente vegetale, con numerosi elementi. A cominciare dalla colza. La Colza è una pianta che produce dei semi da cui si estrae un olio che può essere usato come combustibile per i motori Diesel, in tal caso si usa l’espressione biodiesel. Si calcola che da un ettaro coltivato a colza si possano ottenere all’incirca 800 – 850 kg. di biodiesel. Tempo fa la prestigiosa ed autorevole rivista automobilistica “Quattroruote” effettuò l’esperimento, con risultati confortanti. Rimane aperta la questione etica, sull’utilizzazione di terreni agricoli per coltivazione di colza per biodiesel, invece che destinarli a coltivare alimenti da destinare ai popoli del Terzo Mondo, afflitti da denutrizione cronica.
Già più interessante, ed eticamente corretta, ci appare la utilizzazione della biomassa derivante quale sottoprodotto dell’estrazione dello zucchero dalla canna. In Brasile la produzione di canna da zucchero raggiunge cifre impressionanti. Lo zucchero si estrae dalla canna, dopodiché rimane questa massa legnosa che rappresenta uno scarto industriale di lavorazione. Dalla opportuna fermentazione di questa biomassa si ottiene bioetanolo, ossia un idrocarburo di origine biologica. Le automobili in Brasile sono alimentate con un carburante che possiede circa il 40% di bioetanolo, e la resa per ettaro è nettamente superiore alla colza: qui si parla di circa 5.000 – 6.000 litri di etanolo per ettaro.
La produzione di biogas è anche possibile dalla fermentazione delle biomasse derivanti dalla potatura degli alberi, o dagli scarti di lavorazione dell’industria forestale e del legname, come avviene da anni in Finlandia; ma anche, e soprattutto perché con quantitativi ben superiori, dalla raccolta differenziata dell’umido. Qui il discorso si complica, perché bisognerebbe affrontare uno studio dettagliato sulle modalità di organizzazione e di gestione della filiera complessiva della raccolta differenziata, e forse usciremmo da quello che è il nostro settore.
Potremmo concludere citando l’interessante esperienza che l’azienda “Fattoria della Piana” sta portando avanti da alcuni anni a Candidoni, nella parte alta della piana di Palmi. La centrale di produzione biogas della “Fattoria della Piana” è un impianto tecnologico che consente alla Fattoria di essere energeticamente autonoma e totalmente ecosostenibile. Con una potenza elettrica di 998 kW, è la più grande centrale agroenergetica del Centro e Sud Italia. Il letame e il liquame provenienti dalle stalle, unitamente al siero che rimane come residuo dalle lavorazioni del caseificio, ma anche ai residui della coltivazione delle cipolle di Tropea che provengono dalle vicine aziende del Poro, vengono raccolti in due fermentatori, all’interno dei quali, grazie alla tecnologia di miscelazione e riscaldamento, avviene un processo di fermentazione anaerobica che produce biogas, un gas biologico che contiene una percentuale del 55% di metano. Il biogas così prodotto viene bruciato in un cogeneratore, un motore che produce energia elettrica ed energia termica. L’energia elettrica prodotta è in grado di soddisfare il fabbisogno di 1680 famiglie, e l’energia termica viene utilizzata per i processi produttivi del caseificio, consentendo di risparmiare combustibili fossili. Attraverso il processo di fermentazione e la combustione del biogas, dunque, tutti gli scarti agricoli vengono trasformati in un’importante fonte energetica, mentre i resti della fermentazione diventano concime organico per le coltivazioni di foraggi, che alimenteranno poi gli allevamenti. La Fattoria della Piana diventa così un vero e proprio ecosistema autosufficiente, capace di produrre energia dagli scarti dell’industria agroalimentare e zootecnica, e di fornire una opportunità di smaltimento e di valorizzazione di biomasse che da rifiuto possono diventare risorsa e ricchezza per la nostra terra.
Prof. Giuseppe Cantarella