Dopo i diversi tentativi di formare un governo, anche il leader Evangelos Venizelos ha alzato bandiera bianca, troppo grosse le conflittualità all’interno degli schieramenti politici, e urne più vicine. Il primo ad avere mandato a formare un governo era stato Antonis Samaras, il quale non trovando convergenza ha rinunciato dopo qualche ora; il secondo a gettare la spugna è stato il leader della sinistra radicale Alex Tsipras, dopo avere tentato invano di trovare unità nei partiti riformisti greci. Adesso con la bocciatura di Evangelos Venizelos lo spettro di ennesime elezioni aleggia su una Grecia, praticamente in default tecnico da diversi mesi. L’ultima spiaggia prevista dalla Costituzione greca per evitare il nuovo e immediato ricorso alle urne è una riunione del Presidente con i dirigenti di tutti i partiti, nella quale «ognuno si assumerà le proprie responsabilità», come ha auspicato Venizelos. Adesso il pericolo per i partiti minori dopo che i due partiti maggiori hanno verosimilmente toccato il fondo del loro elettorato, è di fare la fine del Laos, che ha fatto parte dell’esecutivo di unità del premier Lucas Papademos ed è sparito dall’arco parlamentare, punito dagli elettori; non a caso salvo Nd e Pasok tutte le altre forze presenti in Parlamento si sono espresse contro il piano di salvataggio europeo. Le elezioni dunque potrebbero sembrare il male minore, dato la fase di stallo in cui è piombata la politica greca. Con il default economico ad un passo, e quello sociale in atto da tempo, il paese ellenico non ha tempo per potere pensare di uscire attraverso la mediazione da questa crisi, che sta attanagliando tutta la zona Euro. Un default della Grecia a occhio e croce non dovrebbe pesare in maniera decisiva sul mercato Ue, viste le quote residuali degli scambi greci, ma potrebbe causare un effetto domino, che finirebbe per affossare la moneta unica e la ragione stessa di un’unità monca, nata male e (quasi) finita peggio.
Salvatore Borruto