Divieto di sequestrare pc e cellulare a un giornalista

28\04\2012 – Il diritto del Giornalista a non rivelare le proprie fonti d’informazione è garantito dall’art. 200 del Codice di Procedura Penale, che, appunto, riconosce il diritto di mantenere il Segreto professionale in capo ad alcune categorie di soggetti, tra i quali, in particolare, ministri di culto, avvocati, investigatori privati, periti, notai, sanitari, ect… Tuttavia, sebbene i soggetti appartenenti a tali categorie non possano essere chiamati a rivelare fatti conosciuti nell’esercizio delle loro funzioni, neppure dall’Autorità Giudiziaria penale, per la categoria dei Giornalisti, l’ambito del segreto professionale appare più ristretto: difatti, sebbene in seno al rapporto tra obbligo a deporre dinanzi al Giudice e Segreto professionale, il Giornalista può opporre il segreto professionale circa i nomi delle persone dalle quali egli ha tratto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio della professione, va precisato che la legge riconosce tale diritto alla riservatezza solamente ai Giornalisti iscritti alla Sezione “Professionisti” dell’Albo, e non, quindi, anche ai giornalisti Pubblicisti, né a i Praticanti giornalisti; inoltre, ai sensi del suddetto art. 200 C.p.p., “se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l’identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni”. Pertanto, il segreto professionale potrà essere rimosso a seguito di ordine del Giudice, purché la notizia che proviene dalla fonte fiduciaria sia indispensabile ai fini della prova del reato per cui si procede, e che l’accertamento della veridicità della notizia possa avvenire solamente attraverso l’identificazione della fonte fiduciaria. Recentemente la Corte di Cassazione, nell’intento di difendere e salvaguardare il diritto del Giornalista a proteggere le proprie fonti d’informazione, si è pronunciata sul punto, statuendo che, ai sensi dell’art. 10 della Convenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo, il diritto del Giornalista a non rivelare le proprie fonti informative appartiene alla libertà di “ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche”. tastiera pcOrbene, partendo da tale assunto, la Suprema Corte ha, quindi, sancito che un eventuale provvedimento di sequestro emesso dall’Autorità Giudiziaria, concernente il materiale utilizzato dal Giornalista, ad esempio supporti telefonici e/informatici, che possa permettere di risalire all’individuazione delle fonti alle quali il Giornalista aveva assicurato l’anonimato, costituisce una grave violazione della libertà di espressione, libertà graniticamente riconosciuta dalla citata Convenzione europea. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, un provvedimento di tale tenore sarebbe incompatibile con il principio espresso dalla citata Convenzione, e ciò anche in quelle fattispecie nelle quali l’acquisizione di materiali e documenti potrebbe portare ad individuare autori di ulteriori reati. Nel pronunciarsi in tal senso, la Corte nella Sentenza n.  48587/11, ha ribadito il proprio consolidato orientamento, secondo il quale “il sequestro probatorio nei confronti di un giornalista professionista deve rispettare con particolare rigore il criterio di proporzionalità tra il contenuto del provvedimento ablativo di cui egli è destinatario e le esigenze di accertamento dei fatti oggetto delle indagini, evitando quanto più è possibile indiscriminati interventi invasivi nella sua sfera professionale”. Ne consegue, dunque, che l’Autorità Giudiziaria è tenuta a ponderare esigenze di natura diametralmente antitetica: da un lato, il doveroso accertamento di fatti e responsabilità in presenza di eventi che integrino ipotesi di reato, dall’altro, l’esigenza di salvaguardare il diritto del Giornalista a proteggere le proprie fonti d’informazione, al fine di esercitare al meglio il proprio dovere informativo, dovere che costituisce una delle fondamentali libertà democratiche.

Avv. Antonella Rigolino

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