07\04\2012 – Con la recente Sentenza n. 5175/12 la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia matrimoniale, statuendo che, in caso di Nozze cd. “riparatrici”, ossi celebrate al solo ed unico fine di rimediare ad una gravidanza inattesa, qualora la riserva mentale di un coniuge (nel caso de quo, del marito) sia conosciuta anche dall’altro coniuge (dunque, dalla moglie), il vincolo matrimoniale può e deve essere dichiarato “nullo”. Orbene, per principio generale di diritto, la Riserva mentale consiste nel dichiarare “intenzionalmente” cosa diversa da quella realmente voluta, senza che vi sia alcuna intesa, in tal senso, con il destinatario di tale dichiarazione e senza che costui possa essere consapevole di tale divergenza: la riserva mentale, dunque, rimanendo “interna” al soggetto dichiarante, risulta del tutto “irrilevante”, non producendo alcun effetto, ed il negozio giuridico, all’interno del quale essa si manifesta, è perfettamente valido ed efficace, dal momento che l’altro soggetto, destinatario della dichiarazione, non è in grado di comprendere tale divergenza tra volontà (interna) e dichiarazione (esterna). Invero, nel caso di specie, oggetto della suddetta Sentenza n. 5175/12, la Suprema Corte, dopo aver valutato tutte le circostanze del caso sottoposto al Suo vaglio, in particolare, la breve durata della convivenza matrimoniale, le incomprensioni ed i continui contrasti tra i coniugi, e, soprattutto, la mancanza del cd. “affectio coniugalis”, presupposto necessario ed indefettibile dell’istituto matrimoniale, ha rinvenuto anche in capo alla moglie la Riserva mentale, in particolare nella condotta da costei tenuta e consistita nell’aver abbandonato il tetto coniugale dopo la nascita del bambino: secondo gli Ermellini, infatti, l’abbandono della casa coniugale attesta e conferma il fatto che la scelta di contrarre il vincolo matrimoniale fosse stata determinata unicamente dall’intento di “riparare” al concepimento del figlio, anche da parte della moglie e non, invece, dall’intento di costei di vivere con il marito per tutta la vita, il che va a costituire, per i Supremi Giudici, un ulteriore dato, che fa presumere la consapevolezza, da parte della moglie, della riserva mentale del marito. Con tale pronuncia, quindi, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della moglie che si opponeva all’annullamento del matrimonio, ed ha confermato la decisione della Corte di Appello la quale, nel giudizio di “delibazione”, ha dichiarato l’efficacia nella Repubblica Italiana della Sentenza ecclesiastica, confermando, dunque, quanto con la stessa statuito, ossia la “nullità” del vincolo matrimoniale per difetto dell’indissolubilità del matrimonio da parte del marito-attore del giudizio ecclesiastico.
Avv. Antonella Rigolino