01\04\2012 – Il triste fenomeno del Randagismo, che ogni giorno popola le nostre città, cagiona, di sovente, problemi di sicurezza e di igiene pubblica, provocando spiacevoli, se non addirittura, gravi conseguenze lesive a persone oggetto di aggressione. Orbene, secondo la normativa italiana (Legge 281/91) la definizione di “randagio” si applica solamente ai cani, mentre i gatti senza padrone vengono ritenuti “animali in libertà”: e, specificamente, per i cani, la suddetta legislazione distingue tra cane “vagante” e cane “randagio”, ritenendo quest’ultimo come il cane originariamnete “domestico”, che, abbandonato dal proprio padrone, si abitui a vivere in condizioni semi-selvatiche, ad esempio, riunendosi in branco con altri suoi simili. Di particolare rilevanza, risulta, quindi, essere l’individuazione del soggetto pubblico responsabile dei danni cagionati dall’aggressione di cani “randagi”, ed, in tal senso, la suddetta Legge-quadro n. 281/1991 impone alle Regioni, non soltanto l’istituzione dell’Anagrafe Canina, ma, altresì, l’adozione di specifici programmi per prevenire e controllare il Randagismo, e, a loro volta, le Regioni distribuiscono i compiti in materia di Randagismo tra Comuni e servizi veterinari presso le ASP territorialmente competenti. Va, tuttavia, precisato che la suddetta Legge n. 281/91 non impone ai Comuni l’obbligo di vigilanza o di custodia specifica sui cani “randagi”, né, tantomeno, attribuisce ad essi il diritto di “proprietà” su tali animali, tale da imputare all’Ente la responsabilità oggettiva ex art. 2052 C.C. in caso di aggressione da parte di cani randagi: invero, la Legge 281/91 contiene solamente principi generali, finalizzati a reprimere ogni forma di maltrattamento in danno di animali, nonché a salvaguardare la salute pubblica e l’ambiente dai danni derivanti dal Randagismo. Pertanto, dal quadro normativo sopra delineato, emerge, dunque, che, sebbene non si possa imputare all’Ente Comunale alcun obbligo di vigilanza sui tali animali presenti sul proprio territorio, nei giudizi risarcitori, aventi ad oggetto i danni causati da animali randagi, legittimati “passivi”, in solido tra loro, risultano essere Comune e ASP territorialmente competente; pertanto, le rispettive responsabilità, al fine di verificare l’esistenza di illecite omissioni dell’uno o dell’altro Ente o di entrambi, nei limiti delle rispettive competenze in materia, vanno accertate caso per caso, alla luce del principio generale del “neminem laedere” e, quindi, della responsabilità civile extracontrattuale ex art. 2043 C.C., secondo il quale “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”, responsabilità che, come sopra detto, grava in solido tra Comune ed ASP, qualora abbiano omesso e trascurato di adottare i provvedimenti e/o le cautele idonee a rimuovere ed eliminare il potenziale pericolo rappresentato dai cani randagi, con i poteri attribuiti dalla legge e con le modalità oggetto della discrezionalità amministrativa. Difatti, il cane randagio che aggredisce l’uomo costituisce per il Cittadino-Utente della strada, un’insidia, nè prevedibile, né, tantomeno, evitabile, e, dunque, in definitiva, costituisce un pericolo “occulto”, del quale la Pubblica Amministrazione è giuridicamente tenuta a rispondere. Del resto, se così non fosse, il soggetto danneggiato, vittima di aggressione, non godrebbe di alcuna tutela, dal momento che, dalla normativa ad oggi vigente, non emerge altro soggetto passivo, al quale imputare il fatto ed il conseguente obbligo di risarcimento dei danni cagionati. Specificamente sul punto, è intervenuta anche la Corte di Cassazione, la quale, con la Sentenza n. 8137/09, ha precisato che l’Ente comunale è, comunque, sollevato dalla responsabilità per i danni causati alle persone aggredite e morse dai cani randagi, qualora la Legge Regionale attribuisca la competenza per la lotta contro il Randagismo ai servizi veterinari delle ASP, posto che, dopo il D.Lgs. n. 502/1992, le Aziende Sanitarie Provinciali non sono più strutture operative dei Comuni, ma soggetti giuridici autonomi, dipendenti direttamente dalla Regione. Infine, con riferimento ai vari obblighi incombenti sui Comuni in materia di randagismo, è utile ricordare che il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con Ordinanza del 6 agosto 2008, tuttora in vigore, oltre a fissare regole per arginare il fenomeno dell’abbandono dei cani, ha, altresì, imposto ai Sindaci di dotare la Polizia Locale di almeno un dispositivo di lettura di microchip Iso compatibile, al fine di effettuare gli opportuni controlli sui cani randagi.
Avv. Antonella Rigolino