08\02\2012 – Ormai è sicuro: si conclude così l’avventura del Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone a Reggio Calabria. Lo ha deciso la V Commissione del CSM che all’unanimità ha indicato il magistrato a dirigere la Procura di Roma. Certo la decisione non è ancora definitiva. Sulla questione dovrà pronunciarsi il plenum, ma trattandosi di una scelta unanime, senza alcun altro nome proposto, l’esito appare più che scontato.
Nato a Palermo ed entrato in Magistratura giovanissimo, approda alla guida della Procura di Reggio Calabria nel 2008, dove intraprende una lotta senza quartiere alla ‘ndrangheta e si rileva spina nel fianco della criminalità organizzata calabrese.
D’altra parte non è nuovo a queste imprese. Già in passato, quando collaborava alla DDA di Palermo con Piero Grasso (attuale Procuratore Nazionale Antimafia), si era reso protagonista di importanti indagini contro Cosa Nostra, facendo condannare vari capi e gregari della mafia siciliana.
Sue le indagini che hanno portato alla cattura del super latitante Bernardo Provenzano! Nei quattro anni passati alla guida della procura reggina non si risparmia mai. Lotta come solo alcuni magistrati sanno fare: quelli vecchio stampo, quelli della scuola di Falcone e Borsellino, quelli che non si fermano di fronte a niente, neanche di fronte alle intimidazioni e alle minacce alla propria vita. Sì perché Pignatone di azioni intimidatorie in questi anni ne ha subite parecchie.
Non da ultimo quella che ha visto il 5 ottobre 2010 il ritrovamento, a seguito di una telefonata anonima, di un bazooka dinanzi alla sede della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, indirizzato proprio a lui. A lui che con il suo lavoro ha fatto capire alla ‘ndrangheta che non può agire indisturbata ed ha raggiunto risultati enormi, non solo in termini di arresti e sequestri, ma anche nell’analisi del fenomeno della ‘Ndrangheta stessa. Grazie alle indagini di Pignatone e dei suoi pm, infatti, si è messo in luce il modo in cui oggi agisce la criminalità organizzata reggina, che allunga i suoi tentacoli anche fuori dai confini calabresi.
In particolare, un’azione coordinata con la procura di Milano ha portato al delinearsi di una struttura unitaria delle cosche calabresi, capaci di inserirsi nel tessuto economico e sociale di molte regioni del Nord Italia. Un quadro nuovo e spaventoso quello che viene fuori dal lavoro del procuratore; un lavoro che culmina dal 2008 in poi nel sequestro e nella confisca di ingenti patrimoni e beni mafiosi. Si parla di pizzo, narcotraffico, rapporti con la politica e soprattutto di zona grigia.
E a tal proposito l’ultimo allarme Pignatone lo manda il primo Febbraio scorso, quando, parlando della situazione reggina, afferma che “ non c’è una sola fetta sociale vergine ed i rischi di contagio sono costanti. Ciò è essenzialmente dovuto al crescente ruolo degli enti locali, agli appalti, alle assunzioni, alla fornitura dei servizi, nel quadro del controllo del territorio che le cosche perseguono. Interfacciarsi con i politici, per la ‘ndrangheta, significa governare la clientela che aumenta il suo potere e il suo ‘riconoscimento sociale’.
Non c’è, così come per il terrorismo, la figura di un ‘grande vecchio’ che sta dietro ogni decisione delle cosche, sia singolo o come gruppo di persone, poiché le indagini finora svolte danno sì un’idea unitaria del fenomeno, ma è illusorio credere che basterebbe individuare e colpire quella ‘figura’ per sconfiggere definitivamente la ‘Ndrangheta”. Non si sa ancora chi sostituirà Pignatone.
Tempo fa si fece il nome di Ilda Boccassini, ma le voci non trovarono mai conferma. Ciò che è certo è che la sua partenza lascerà un vuoto enorme. È giusto, però, che le sue doti investigative vengano premiate e l’incarico che andrà a ricoprire rappresenta sicuramente un plauso al lavoro svolto finora. A noi non resta altro che ringraziarlo, facendo a lui i migliori auguri per la nuova avventura ed augurando alla nostra città di trovare un degno sostituto, un combattente come lui!
Consuelo Occhiuto