Secondo l’Antitrust, le liberalizzazioni sono necessarie ma vanno “accompagnate con interventi che garantiscano l’equità sociale e che favoriscano, anche attraverso le opportune riforme del diritto del lavoro, nuove opportunità di inserimento per i soggetti che ne uscissero particolarmente penalizzati; la legge annuale sulla concorrenza è lo strumento con il quale procedere: per vincere ostacoli e resistenze dei gruppi che si sentono danneggiati, occorre infatti recuperare la dimensione dell’interesse generale e la sua prevalenza sui vari egoismi di categoria, procedendo con interventi di ampia portata che contestualmente sciolgano i nodi anticoncorrenziali su mercati diversi e con attori economico-sociali differenti”; l’Antitrust, si legge ancora nel testo di 90 pagine, “ha consapevolezza che per superare le numerose incrostazioni corporative e le resistenze dei grandi attori economici ad un’effettiva apertura del mercato, la politica di liberalizzazioni dovrà inevitabilmente essere una sorta di work in progress ma, l’urgenza della crisi richiede di non indugiare e di attuare gli interventi di immediata applicazione; non vanno sottovalutati i costi sociali sottesi, nel brevissimo periodo, alle liberalizzazioni”. Poste, carburanti, professioni, banche, rc auto, energia, taxi, strade e aerei, servizi pubblici, farmacie, burocrazia e ferrovie: questi i settori coinvolti, da quanto si apprende dalle proposte tecniche inviate dall’Antitrust al Parlamento per favorire la concorrenza e “fare ripartire al più presto la crescita economica”. Ma cosa vuol dire davvero “liberalizzare”? Si parla della necessità di far ripartire l’economia, di semplificare le procedure delle leggi, di evitare situazioni di comodo, di eliminare situazioni di monopolio e privilegi: concretamente bisogna muovere i passi giusti, evitando che alcune categorie interessate possano insorgere (in alcuni casi anche giustamente). Equità sociale quindi da mettere al primo posto, in modo che si possano riscontrare miglioramenti e non passi indietro. Dunque le liberalizzazioni, potrebbero dare un contributo notevole alla crescita del Pil, ma cosa pensano i consumatori? E chi non è d’accordo cosa può fare per difendere la sua posizione? Bisogna “disturbare” tutti e non solo alcuni, affinchè il circuito economico italiano impigrito torni a pulsare.
Annamaria Milici