Ultimo discorso del presidente Medvedev al Parlamento russo prima delle elezioni. Durante il suo intervento sullo stato dell’unione, un passaggio molto eloquente: «La Russia ha bisogno di democrazia, non di caos». Queste dichiarazioni fatte alla vigilia della grande manifestazione organizzata per il 24 contro i presunti brogli elettorali commessi alle ultime elezioni, suona come un monito nei confronti dei manifestanti. Si tratta del primo discorso davanti alla nuova Duma e dell’ultimo discorso da presidente per Medvedev, che ha deciso di cedere il passo a Vladimir Putin nella corsa alle elezioni di marzo. Una sorta di staffetta del potere, che ha stancato la popolazione russa, la quale dopo la caduta del regime sovietico, non ha visto migliorare le proprie condizioni di vita, e nella maggior parte dei casi ha spinto la vecchia classe media verso la povertà. Un paese ancora oggi in mano agli oligarchi, anche se in maniera minore rispetto agli anni 90, e alla dissoluzione del patrimonio statale comunista. Durante il proprio discorso, il presidente ha lanciato un “avvertimento”, che suonava grosso modo come una minaccia, dicendo che: «Non consentiremo a istigatori e estremisti di provocare l’intera società russa con i loro piani senza scrupolo, né tollereremo interferenze esterne nei nostri affari interni. I tentativi di manipolare i cittadini russi, di fomentare disordini nella società sono inaccettabili». «Non tollereremo interferenze esterne nella nostra politica estera». È questo il punto focale del Medvedev pensiero, il quale ha voluto rafforzare la posizione della Russia. Un sorta di colpo di coda da guerra fredda, ricordando gli antichi “fasti” del colosso orientale. Inoltre a fianco del discorso contro le presunte (e deboli o assenti) interferenze estere, il presidente ha ricordato la necessità per il Paese di una nuova stagione di riforme sociali e politiche, tra cui elezioni dirette dei governatori, registrazione più facile per i partiti, meno firme per candidarsi alle presidenziali, legislative con sistema proporzionale e la creazione di una tv pubblica indipendente dallo Stato. Staremo a vedere cosa accadrà, in un paese che da oltre un ventennio rimane bloccato. Una sorta di ascensore sociale al contrario, che ha distrutto le classi medio basse, rendendole povere e senza voce in capitolo. Tutto viene fatto passare con il silenziatore, in puro stile sovietico da “cortina di ferro”, e parecchi dissidenti, non vengono più mandati alla rieducazione in Siberia, ma uccisi direttamente (vedi Anna Politkovskaja) come giustificano i numeri agghiaccianti: oltre 294 i morti tra fotografi, operatori radio-televisivi, giornalisti e reporter uccisi dal 1993 al 2009.
Salvatore Borruto