18\12\2011 – L’attività medico-chirurgica è una di quelle attività ritenute dal nostro Ordinamento Giuridico come attività di per sé “pericolose”: può accadere, infatti, che il rapporto del Paziente con il Medico o con la Struttura sanitaria (pubblica o privata) in cui egli opera, divenga fonte di controversia civile e/o penale. Orbene, il rapporto tra Medico e Paziente è un vero e proprio “rapporto di consumo”, sebbene il soggetto professionale (il Medico) sia sottoposto alle regole tipiche della Responsabilità contrattuale, anche per ciò che concerne l’Onere della Prova: difatti, contestato, da parte del Paziente, l’inadempimento del Medico, spetta alla Struttura sanitaria presso cui opera e/o al Medico stesso, dimostrare di aver adempiuto al Contratto con la diligenza “speciale” prevista dall’art. 1176, co. II° del Codice Civile, secondo il quale “Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”. In particolare, è ravvisabile la “Colpa” del Medico in caso di inosservanza delle cd. “Leges Artis”, ossia delle regole tecniche elaborate nel campo della miglior scienza ed esperienza. Pertanto, qualora un Paziente ritenga di essere stato vittima di una caso di malasanità, ai fini di un’azione legale, è importante che rispetti i termini di legge per denunciare penalmente il Medico, depositando l’atto di Querela entro 3 mesi da quando ha subito il fatto-reato, nonché, citando in giudizio il Medico, in sede civile, per chiedere il risarcimento del danno. In quest’ultimo caso, opera, però, il termine lungo di Prescrizione Ordinaria “decennale”, poiché il rapporto tra Medico e Paziente (o fra Struttura Sanitaria e Paziente ricoverato) è un vero e proprio rapporto contrattuale; tuttavia, per far valere anche la Responsabilità Extracontrattuale ex art. 2043 C.C., secondo cui “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”, è necessario che il Paziente agisca prima del decorso di 5 anni dal fatto. Invero, la prestazione del Medico, ritenuta dal Paziente “inadempiuta” e, quindi, fonte di controversia civile/penale, deve essere valutata sotto il profilo della “speciale diligenza” che l’appartenenza ad una determinata categoria professionale gli impone: ne consegue, che solo la violazione di tale standard può essere fonte di responsabilità in capo al Medico. Chiaramente negli interventi chirurgici che prevedono la collaborazione di più Medici, è importante individuare con esattezza il Medico responsabile del danno lamentato dal Paziente, in caso di esito negativo dell’operazione chirurgica. Orbene, secondo il “Principio dell’Affidamento” elaborato dalla Giurisprudenza, ogni Medico deve rispondere del proprio operato personale, dovendo confidare, per quanto non è di propria competenza, nelle capacità degli altri Colleghi. Tale Principio, trova, però, un limite nell’ipotesi in cui il Medico “Primario” dell’équipe ricopra un ruolo che gli impone di vigilare anche sull’operato altrui, oppure quando sorgano delle circostanze, in concreto, tali da far venir meno la fiducia nel corretto agire altrui, ad esempio, il Medico “Primario” che non si accorga dello stato di ubriachezza del Collega: in tali casi, il Medico “Primario” è ritenuto “Responsabile” penalmente per non aver fatto fronte a difficoltà conosciute o conoscibili e risponde, specificamnete, di reato omissivo improprio, che consiste nel mancato impedimento di un evento materiale (danno al paziente) e per l’esistenza del quale occorre il verificarsi di tale evento, fungendo, in tal caso, il Medico “Primario”, da “Garante” del buon esito dell’operazione chirurgica. Chiaramente, in ossequio al Principio civilistico dell’Onere della Prova, sarà il Paziente a dover dimostrare il danno subito ed il suo nesso causale con l’agire del Medico, il quale dovrà aver violato le regole di prudenza, diligenza e perizia (cd. Colpa “generica”) ovvero leggi, regolamenti, ordini e discipline (cd. Colpa “Specifica”), ponendo in essere proprio quel comportamento che ha generato il danno. Per questo motivo, è consigliabile che il Paziente, al fine di ottemperare al suo Onus Probandi, si sottoponga alla consulenza medico-legale di un suo Medico di fiducia: difatti, la preventiva Relazione medica “di parte” costituisce uno strumento necessario, anche per valutare l’opportunità di esperire l’azione di risarcimento in sede civile: difatti, qualora non sia possibile trovare un accordo transattivo con la Compagnia di Assicurazione della Struttura sanitaria o del Medico, in sede giudiziale il Giudice nominerà un Consulente Tecnico d’ufficio, che esperirà, in posizione di Medico “terzo”, e, dunque, imparziale, la visita medico-legale sulla persona del Paziente danneggiato, relazionando, poi, sull’an e sul quantum del risarcimento dovuto al Paziente.
Avv. Antonella Rigolino