Non può essere espulso l’immigrato, una volta scaduto il permesso di lavoro stagionale, se questi dimostra di aver avuto nell’arco di un anno più contratti di lavoro “precario”, purché autorizzati e regolari che si sono susseguiti a breve intervallo di tempo l’uno dall’altro. Lo stabilisce la Cassazione accogliendo il ricorso di uno straniero raggiunto da un decreto di espulsione allo scadere del permesso di soggiorno lavorativo. Amadou D. nel ricorso in Cassazione tra gli altri motivi aveva sostenuto di essere stato espulso ancor prima dei 60 giorni assegnati dalla legge allo straniero per rinnovare il permesso di soggiorno di lavoro una volta scaduto. La Sesta sezione Civile della Suprema Corte ha annullato il decreto di espulsione chiarendo che “ai fini della concessione del permesso di soggiorno per ragioni di lavoro in permesso di soggiorno per motivi familiari – è scritto nella sentenza numero 18480 il requisito della regolare permanenza in Italia da almeno in anno non implica necessariamente lo svolgimento continuativo dell’attività di lavoro nell’ambito di un unico rapporto a tempo indeterminato, ma può ritenersi soddisfatto, alla stregua di un’interpretazione ‘secundum constitutionem’, anche in virtù di una successione di contratti di lavoro a termine o stagionali debitamente autorizzati”. Spetta al giudice di merito, aggiunge inoltre la cassazione, “l’accertamento dell’avvenuta integrazione di tale requisito anche nell’ipotesi di una pluralità di permessi di lavoro susseguitisi a breve intervallo temporale e in un arco di tempo pur di poco superiore all’anno, adeguatamente motivando, all’esito della propria indagine, sulle ragioni che nella specie hanno indotto ad affermare o escludere la sussistenza del requisito.
Giuseppe Dattola