Si è aperto il G20 a Cannes, tra paure e speranze

Si è aperto il vertice dei grandi della terra, con sede a Cannes. Sul tappeto la situazione monetaria internazionale e le possibili vie d’uscita per l’economia del vecchio occidente, oramai traballante e sull’orlo del default. La situazione europea appare appesa a un filo, anzi a un referendum, quello greco, che secondo indiscrezioni si dovrebbe tenere nel mese di dicembre. Un’accelerazione dei tempi, che potrebbe portare a una dissolvenza dell’Euro con un effetto domino catastrofico, anche se Papandreou si è affrettato a ribadire che il referendum avrà come tema non l’uscita della Grecia dall’Euro (come ribadito da Sarkozy e la Merkel) ma solamente l’approvazione o meno del piano di rientro del debito imposto dall’Europa. Appare curioso come il secolo scorso si sia aperto con delle vicende legate ai Balcani, e anche il nuovo rischi di avere la stessa trama iniziale. Situazione italiana. Dopo il maxiemendamento annunciato dal Governo nella nottata di mercoledì, appare chiaro che le scelte che sono venute fuori sono totalmente insufficienti e tardive. Il nostro paese sta davvero ballando sull’orlo del baratro, e questo perder tempo non fa che gettare ombre pesantissime sul futuro, in maniera drammatica. Sinceramente la parte produttiva del paese (imprese, sindacati, lavoratori) non merita di finire così in basso, per colpa di qualche veto territoriale. Il pericolo adesso è quello di finire sotto l’amministrazione controllata del Fondo Monetario Internazionale. Rispetto alla Bce, l’Fmi non tratta le condizioni per un salvataggio, ma le impone senza nessuna replica. Il tempo appare scaduto da diversi gironi, e in questo senso si innesta l’operazione di Giorgio Napolitano, che informalmente ha convocato tutti i partiti al Quirinale. Staremo a vedere cosa accadrà nelle prossime ore, sperando che si scongiuri l’inevitabile, per un paese glorioso come il nostro, proprio nell’anno del centocinquantesimo. Situazione internazionale. Gli Stati Uniti si trovano nelle stesse condizioni, se non addirittura peggiori, di quelle europee. Il lavoro manca, e la recessione ormai si sta trasformando in vera e propria crisi strutturale per un paese, quello a stelle e strisce, che un tempo trainava l’economia mondiale. Adesso le locomotive hanno cambiato nazionalità passando il testimonial all’India, alla Cina e così via. Certo vedere gli Usa in ginocchio in questa maniera, fa a cazzotti con l’immaginario comune della superpotenza degli anni passati.  Da Reagan in poi è iniziata una fase di dissolvenza della classe media americana, la quale ha avuto qualche timido respiro sotto l’amministrazione Clinton (timido è un rafforzativo) e che è stata definitivamente affossata dai mandati di Bush senior e junior. Urgono soluzioni rapide da prendere e attuare in tempi ancora più rapidi. Come spesso ripetuto in questi giorni, serve una nuova Bretton Woods, per cercare di creare un nuovo ordine mondiale, un New Deal di Roosveltiana memoria, che scardini la recessione e la crisi economica, in favore della crescita, che abbia come stella polare l’idea di sviluppo sostenibile, per un occidente che ormai è in agonia su se stesso da decenni. Trovare la via d’uscita per un nuovo splendore dei paesi post-industriali è la sfida di questo nuovo millennio.

Salvatore Borruto

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