Appare davvero incerto il futuro dell’Unione, dopo le ultime vicende. Il sistema nato solamente da qualche decennio, pare che per adesso abbia retto all’onda d’urto della crisi, ma sembra impotente davanti alle scelte decisive. Si ha la triste sensazione che ognuno degli stati membri, guardi solamente ai propri cortili, e non prenda in analisi la situazione a livello globale europeo. Così da un lato si schierano i paesi trainanti, mentre dall’altro quelli più o meno zoppicanti (Italia, Spagna e Portogallo), o addirittura già azzoppati (vedi Grecia e Irlanda). Questo a conferma della volontà franco-tedesca, di creare un’Unione Europea a due velocità, con a capo come detto in precedenza, economie forti e trainanti, decisioniste, che si rifanno agli stati del nord e dell’area continentale; dall’altro un cartello di partner minori, con economie deboli o in stato comatoso, che per questo diventerebbero un centro periferico rispetto alle decisioni, alle strategie e alle politiche, svuotando di fatto l’idea dei padri fondatori del modello europeo. Una teoria pericolosa, che potrebbe portare a instaurare la legge del più forte all’interno di un sistema nato per dare ricchezza e stabilità a più paesi in maniera intelligente. Tutto questo però, e bisogna tenerlo sempre a mente, ha avuto origine dagli Stati Uniti, con la crisi dei mutui subprime del 2008. Senza andare a ripercorrere situazioni già dette e ripercorse, il punto focale è questo: nel 2008 si andarono a ripianare i debiti delle banche attraverso l’immissione di enormi capitali pubblici. Soldi dei contribuenti che andarono a puntellare un sistema in crollo. Di fatto gli stati salvarono le banche, e dopo questa prima fase, oggi la finanza chiede agli stati, non solo di salvare le banche (cosa già avvenuta), ma anche di comprare i titoli tossici di altri paesi, a degli stati sani che non avevano investito i loro risparmi in questi titoli ad altissimo coefficiente di rischio. Se questo è un sistema sano, allora siamo veramente fuori strada. Tutta la finanza si regge su delle regole che funzionano al rovescio, e purtroppo per gli interessi di pochi, si sta buttando l’intero occidente nel baratro. Vuoi per la miopia di alcuni governi, vuoi per le difficoltà oggettive a risanare una situazione disastrata, per adesso la situazione appare in stallo totale: l’orlo di un baratro, che non ammette errori e che cerca di risucchiare tutto e tutti. L’Italia come altri paesi, è in questo momento in enorme difficoltà. Dal punto di vista delle banche però il sistema è molto sano, anche perché a differenza di Spagna, Francia e Germania, i nostri istituti non hanno in cassaforte grandi quantità di titoli greci. Inoltre le nostre banche non hanno subito lo scoppio della bolla immobiliare, semplicemente perché il nostro sistema di credito è molto differente a quello made in Usa. Il problema dei problemi tutto made in Italy è quello del debito. L’unica soluzione è quella di cercare di pagare questo debito venuto dal passato, dai governi pentapartito, i cui esponenti ancora oggi si trovano al Governo (Tremonti, Sacconi, Frattini, etc). Non riuscire a saldare il debito in maniera vigorosa, equivarrebbe a vedere l’Italia strangolata dai propri debiti, così come è successo per la Grecia e l’Irlanda, anche se in maniera differente. Dunque questo è il momento per agire lasciando stare la politica del proprio campanile o del proprio cortile, ma cercando di mettere insieme le energie migliori del paese, aprendo una fase nuova, che chiuda i conti con decenni di contrapposizione armata. D’altronde rubando una frase di un movimento molto famoso: «Se non ora quando?».
Salvatore Borruto